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Attenti a quei due! Per loro il Referendum è una bufala

Referendum-Vota-SI-24Certo che noi italiani siamo proprio fortunati ad avere un Presidente del Consiglio, il Premier Renzi, che bolla come una “Bufala” il Referendum del 16 aprile e un ex Presidente della Repubblica (ora “emerito”) che rincara la dose definendolo “un’iniziativa pretestuosa” invitando di fatto gli italiani a non andare a votare!
Sarebbe troppo facile liquidare le esternazioni dei due compagni di cordata, che buttarono giù dal burrone il buon Letta, come le dichiarazioni di due politici non interessati al quesito referendario, e no!
Renzi al di là della sua carica di segretario del PD è il Presidente del Consiglio, il capo di quel governo che sta governando il paese ed è inaccettabile che un capo di governo inviti il popolo a disertare le urne, mentre al contrario il Presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi invita ad andare a votare.
Napolitano da par suo non è una novità che consideri il ricorso al voto popolare un rischio, del resto nel corso del suo mandato ha sempre preferito ricercare accordi di Palazzo con i quali ha di fatto imposto scelte politiche che andavano ben oltre i suoi compiti istituzionali, per cui oggi da lui ci si aspettava più che un accorato appello a non andare a votare una serena autocritica sugli esiti a cui ha portato la sua presidenza; credo comunque che quest’ultima esternazione del “Presidente emerito” possa considerarsi una sorta di mesto commiato dalla vita politica.
La consultazione popolare di domenica costerà alle casse dello Stato dai 350 ai 400 milioni di euro (a Milano la macchina organizzativa costerà quasi 5 milioni, mentre per Roma ci vorranno non meno di 17 milioni) e gli uomini che rappresentano le istituzioni che fanno? Invitano gli italiani a non andare a votare!
Il segretario del PD Renzi, dimentica o meglio fa finta di non ricordare che il Referendum di domenica è l’unico rimasto in campo dei sei quesiti referendari sulla ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Italia promossi nel 2015 da dieci consigli regionali (Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) di cui ben otto governati dal centro sinistra. L’Abruzzo si è poi ritirato dalla lista dei promotori.
Renzi invita a non andare a votare ma i Giovani Democratici di Basilicata, Puglia, Abruzzo, Calabria e Molise fanno cartello insieme e invitano alla partecipazione per un’Italia che guarda avanti!
Il Premier e il suo cerchio magico si affannano a ricordare che l’astensione è comportamento legittimo, e lo fa pure la vice segretaria del PD Serracchiani che il 21 gennaio 2012 postava un twitter che recitava:Oggi a Monopoli ho partecipato alla manifestazione per la difesa del mare Adriatico dai rischi delle trivellazioni petrolifere”.
Sarebbe troppo facile tirare in ballo la recentissima vicenda di “trivellopoli” che ha visto come protagonista l’ex ministra Guidi e il suo compagno per avere un motivo in più per andare a votare domenica, ma credo che quel twitter di quattro anni fa della Serracchiani, oggi totalmente sconfessato sia molto di più che un invito ad andare a votare SI.

Spray Corpo Profumati

Serrachiani-twitter-Monopoli

Quando l’autogol è un capolavoro!

Invito all'assaggio 6 bottiglie di Prosecco di Valdobbiadene Superiore DOCG con spedizione gratuita!

Renzi-Rowhani-conferenzaDa ragazzino quando seguivo i miei genitori in casa di qualche loro amico mi arrivava puntuale, pur essendo un tipo piuttosto tranquillo, la predica di rito : “mi raccomando comportati bene, stai al tuo posto, a tavola non fare richieste strane, mangia quello che ti viene servito e ricordati che non sei a casa tua”.
In quei tempi l’essere ospite in casa di altri significava rispettare le regole non scritte del galateo e credo che ancora oggi le persone educate e di buon senso abbiano ben chiaro quale sia il giusto mix di comportamenti da seguire da una parte e dall’altra per portare a compimento nei migliore dei modi un momento d’incontro.
Quello che è successo in occasione della visita romana del presidente iraniano Hassan Rouhani è qualcosa di avvilente per la cultura del nostro Paese e soprattutto per gli italiani.
Si potrebbe disquisire su quanto possa essere discutibile ospitare il presidente di un regime dove le esecuzioni capitali sono perennemente all’ordine del giorno, che incarcera e tortura i prigionieri politici, che umilia le donne e che nonostante fosse stato approvato dall’Onu un documento proposto dall’Unione europea sulla depenalizzazione dell’omosessualità, ritiene per il momento di considerare ancora un reato l’omosessualità, punibile con la condanna a morte. ( fonte: formiche.net).
Secondo i dossier di «Nessuno tocchi Caino» in Iran sono state giustiziate nel 2015, 1.084 persone contro le 753 del 2014.
Forse più che coprire le nudità delle statue capitoline qualcuno di quelli che gli hanno stretto calorosamente la mano (Matteo Renzi, Sergio Mattarella) avrebbero dovuto chiedergli conto del mancato rispetto dei diritti umani nel suo Paese, visto che l’Italia è tra coloro che stanno punendo con sanzioni la Russia di Putin.
E’ il caso di dire che mai come in questo caso “pecunia non olet” visto che Rouhani ha portato con sé 17 miliardi di euro di accordi per le aziende italiane, ben accolti dal presidente di Confindustria Squinzi.
Che pensare poi di un Pontefice amato in tutto il mondo (non volle stringere la mano al Dalai Lama per non urtare il regime cinese) che pure lui si è piegato al quel dio denaro che giorno dopo giorno dice di voler combattere.
Ma il bello dell’intera vicenda è che come sempre avviene in Italia ogni qualvolta la politica ne combina una delle sue, prontamente parte il giochino dello scarica barile!
Il Governo dice di non saperne nulla, il ministro Franceschini ancora meno e prontamente scarica il tutto sulla Sovrintendenza della Capitale, la quale a sua volta rigetta le accuse alla Presidenza del Consiglio!
E così al segretario generale di Palazzo Chigi non pare vero di poter dare il meglio di se stesso ( che per un buropolitocratico è una vera goduria) avviando un’indagine interna per poter accertare le responsabilità e fornire tutti i necessari chiarimenti in merito alla vicenda.
Ma per scoprire chi ha coperto migliaia di anni di arte e cultura per non turbare la sensibilità di un regime che non brilla certo per umanità, non era sufficiente fare duebarratre telefonate?
Si fa il nome di Ilva Sapora, dirigente dell’ufficio del Cerimoniale della presidenza del Consiglio, che in pratica guida il Cerimoniale da tre anni.
Questa signora segue il Premier in Italia e all’Estero pur avendo una conoscenza dell’inglese a livello elementare, come recita il suo curriculum sul sito della Presidenza del Consiglio ( ma questo aspetto potrebbe essere un pregio, per un Premier che è fermo a “the pen is on the table”).
Come sostiene il Corriere sembra quanto mai improbabile, visto il metodo di lavoro di Renzi, “che possa aver preso la decisione di coprire i nudi del Campidoglio in totale autonomia”.
Ad avvalorare questa tesi c’è fatto non secondario il precedente dell’ottobre scorso, quando a Firenze, in occasione del vertice bilaterale con lo sceicco Mohammed Bin Zayed Al Nahyan, Renzi fece oscurare dal cerimoniale di Palazzo Chigi e di Palazzo Vecchio con un pannello blu gigliato una scultura di Jeff Koons ex marito della pornostar Cicciolina.

Ministra-Guidi-chador
Ma c’è di più, le nostre politiche quando vanno a Teheran o nel mondo islamico (come testimoniano le foto, tra cui una assolutamente fantastica della ministra Guidi in chador) sentono il bisogno di indossare il burqua per rispetto alla cultura islamica, mentre noi al contrario quando Rouhani viene a Roma ci auto censuriamo coprendo il nostro patrimonio culturale!
Detto che le statue non andavano coperte, se proprio era irrefrenabile il bisogno di prostrarsi si poteva evitare questo clamoroso autogol cambiando il percorso della visita ed evitando una figuraccia mondiale!
Per la cronaca, è opportuno precisare che durante le visite ufficiali le rappresentanti di altri Paesi, nel mondo islamico non sono tenute a indossare il velo, ma come ha chiarito Stefania Craxi ( in occasione della presentazione a Udine sul libro delle vicende di Sigonella) quando si incontra un autorità religiosa l’uso del velo è giusto.
Peccato che in occasione della visita del Premier Renzi e del suo entourage a Papa Francesco nessuna delle donne presenti abbia sentito il bisogno di coprire il capo con un velo nero, così come aveva già fatto anche la presidente della Camera Boldrini e la figlia del Presidente Mattarella.
Potrei parlare del vino non servito durante il pranzo conviviale per rispettare la cultura islamica, in un Paese che è il primo produttore al mondo di vino, ma non voglio infierire oltre per rispetto ai produttori di vino italiani.
A proposito di rispetto mi piace ricordare un fatto accaduto nel maggio del 2007, quando durante una visita a Udine dell’ex presidente dell’Iran Khatami fu programmato un incontro, con i vertici dell’Assindustria friulana, al quale non ha potuto partecipare Giannola Nonino in quanto produttrice di grappa.
Sta bene adeguarsi alle regole altrui quando si va all’estero, ma anche chi viene in Italia dovrebbe rispettare le nostre regole, la nostra cultura e la nostra religione.

Papa-Renzi

Renzi & Boschi : l’Italia giusta siamo noi!

Fragranze White Musk

Boschil'ItaliagiustaIl Premier Renzi non trova di meglio che correre in soccorso della regina della Leopolda ( forse sarebbe il caso di dire ex-regina, vista la fugace apparizione nella sesta edizione appena conclusa) caduta nelle grinfie dei malpensanti e di tutti quei giornalisti che hanno avuto l’ardire di sottolineare le non poche “strane” coincidenze emerse nel momento in cui il Governo ha messo mano al decreto salva banche, non da ultimo lo scrittore Saviano che da luce quando criticava Berlusconi è diventato oggi per Renzi & company qualcosa del tipo : «per un bravo scrittore perdere la creatività è terribile, Saviano riponga il mattarello».
La vicenda è ormai di dominio pubblico non fosse altro per il fatto che a fare le spese della mala gestione della Banca Etruria sono tutti quei piccoli e medi risparmiatori che fidandosi sulla parola del funzionario di riferimento della propria filiale hanno perso tutti i loro risparmi.
Il padre della ministra, Pierluigi Boschi è stato Consigliere di Amministrazione di Banca Etruria dal 3 aprile 2011 e Vice presidente dal maggio 2014 (giusto tre mesi dopo l’insediamento del Governo Renzi) fino a quando la banca è stata commissariata (nella stessa banca hanno lavorato il fratello della ministra, Emanuele e la di lui moglie Valentina).
Nel 2012 e nel 2013 la Banca d’Italia a seguito di due ispezioni ha multato Banca Etruria per 2,54 milioni di euro e tra coloro a cui era rivolta la sanzione figura anche Pier Luigi Boschi a cui gli ispettori di via Nazionale infliggono una multa di 144mila euro per “violazioni di disposizioni sulla governance, carenze nell’organizzazione, nei controlli interni e nella gestione nel controllo del credito e omesse e inesatte segnalazioni alla vigilanza”.
Sembrerebbe che il padre della Boschi abbia detto in questi giorni di logoramento poltico di essersi impegnato a fare tutto il possibile per cercare di salvare la banca dal dissesto, ma nel periodo 2013/14 quando la banca è già attenzionata da Bankitalia il consiglio di amministrazione spende in consulenze oltre 15 milioni di euro, mentre negli ultimi cinque anni consiglieri e sindaci ricevono emolumenti per oltre 14 milioni di euro mentre la banca arriva a cumulare perdite per oltre 300 milioni a cui vanno a sommarsi altri 500 milioni prima del de profundis.
Se come sostiene qualcuno l’affossamento della banca è dovuto in buona parte ai “crediti malati” non si capisce per quale motivo su oltre 1600 dipendenti della banca solo 19 siano stati utilizzati come addetti al recupero dei crediti!
Ma c’è di più, sembrerebbe come rivela il Sole24Ore che 13 ex amministratori e 5 sindaci della banca di fatto prestavano i soldi a loro stessi (198 posizioni di fido per un importo totale di 185 milioni) e di questi soldi ben 90 milioni sono finiti tra i prestiti in incaglio o in sofferenza e coincidenza delle coincidenze chi lavorava nell’ufficio incagli di Banca Etruria se non Emanuele Boschi, il fratello della ministra.

numeri-banca-etruria
Renzi da par suo si è buttato a pesce sulla vicenda tentando dapprima di scaricare ogni responsabilità sulla Commissione Europea dicendo che le regole delle banche adesso le decide l’Europa, ma il commissario Ue ai servizi finanziari Jonathan Hill non ci ha messo molto a chiarire che: “esistono alcune banche che vendevano alla gente prodotti inadatti e questo ha avuto conseguenze personali per alcune persone in Italia, ma è il governo italiano a essere alla guida del processo di salvataggio delle 4 banche italiane e sono quindi del Governo italiano le responsabilità inerenti al provvedimento emanato”.
E così il buon Renzi corregge il tiro e afferma che : “Il Governo italiano quando ha visto che quattro banche rischiavano di chiudere e rischiavano di perdere migliaia di posti di lavoro e i soldi dei contribuenti è intervenuto e sono molto lieto delle misure che ha preso perché ha salvato i soldi dei conti correnti e i posti di lavoro” (anche i posti di lavoro di chi ha truffato i propri clienti) e aggiunge di essere favorevole all’apertura di una commissione di inchiesta parlamentare su ciò che è avvenuto nel sistema bancario italiano ed europeo negli ultimi 15 anni.
Peccato che in questi giorni la Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, presieduta dall’On.le Fioroni e nata dall’esigenza di fare luce sugli aspetti non ancora chiariti della tragica vicenda ha depositato il testo della relazione sui primi 12 mesi di attività impiegati per far luce su un fatto accaduto 37 anni fa!
Questo giusto per capire cosa significhi nel nostro paese aprire una commissione di inchiesta parlamentare!
Ma intanto la polemica politica aumenta giorno per giorno dopo il suicidio di un pensionato che ha perso 110mila euro in obbligazioni subordinate presso la Banca Etruria e il Premier in questo frangente riesce a dare il meglio di sé affermando che: “Non sono abituato a strumentalizzare la vita e la morte di alcune persone. Il governo esprime il proprio dolore e fa le condoglianze alla famiglia dell’uomo che si è tolto la vita dopo aver perso i suoi soldi ma è al lavoro per trovare soluzioni”.
Ma Renzi si sa, predica bene ma razzola male e infatti mentre stava tenendo il suo discorso alla chiusura della Festa dell’Unità di Milano (domenica 6 Settembre 2015) sul palco alle sue spalle capeggiava a mo’ di poster l’immagine terrificante del povero bimbo siriano Aylan.
La ministra Boschi da par suo ha dichiarato di “non accettare lezioni di moralità da nessuno” perchè il Governo “non fa favoritismi o leggi personali”   e “sul piano politico non c’è nessun disagio perché il nostro governo è intervenuto per evitare che quattro banche chiudessero. Queste quattro banche avranno un futuro ridimensionato, ma avranno un futuro. Abbiamo fatto quello che ritenevamo giusto e potevamo fare”.
Peccato che nel decreto salva banche licenziato dal Governo Renzi si consentano azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori solo con l’autorizzazione del commissario della società e come ricorda “La Stampa” di sabato 12 dicembre 2015, l’articolo 35 del decreto che ha recepito la direttiva del bail-in recita: «L’esercizio dell’azione sociale di responsabilità e di quella dei creditori sociali contro i membri degli organi amministrativi e di controllo e il direttore generale (…), spetta ai commissari speciali sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della Banca d’Italia», il che tradotto in termini pratici vuol dire che i truffati che volessero avviare eventuali azioni di risarcimento per le responsabilità degli amministratori non potranno farlo senza ottenere in via preventiva il benestare dei commissari, del comitato di sorveglianza e di palazzo Koch (della serie, campa cavallo che l’erba cresce).
Sempre la ministra Boschi, in occasione della presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa che la vede tra le protagoniste del libro stesso, ha dichiarato: “Mio padre è una persona perbene e se sento del disagio è verso di lui e la mia famiglia, se mio padre è finito nelle cronache, è perché è mio padre e mi spiace. Ma lo conosco, conosco la mia famiglia e affronteremo questo momento”.
Forse sarebbe opportuno che la ministra Boschi indipendentemente da come andranno a finire le mozioni di sfiducia presentate in Parlamento dalle opposizioni nei suoi confronti e del Governo Renzi sentisse la responsabilità come esponente di quella nuova classe politica che avanza di rispondere insieme al suo babbo a poche e semplici domande per togliere d’impaccio lei e tutta la sua famiglia e per dimostrare agli Italiani che lo slogan di cui si fa forza il suo partito “Pd – l’Italia giusta!“ non diventi l’ennesima barzelletta a cui ci ha abituato chi fa politica in Italia!
Queste le domande:
– Il Sole24Ore riporta che negli ultimi 5 anni i 13 ex amministratori e i 5 sindaci di Banca Etruria si sono assegnati compensi per oltre 14 milioni di euro: quanti di questi 14 milioni sono stati pagati a Pierluigi Boschi?
– Sempre secondo il Sole24Ore gli amministratori di Banca Etruria si sono concessi fidi per 185 milioni, quanti di questi soldi sono andati a società riconducibili alla famiglia del ministro Boschi?
– I crediti in incaglio o sofferenza in capo ad amministratori e sindaci di Banca Etruria valgono 90 milioni di euro (fonte: Sole24Ore): quanti di questi 90 milioni sono dovuti da Pierluigi Boschi?
– I crediti in sofferenza o incaglio di Banca Etruria ammontano a 3 miliardi: quanti di questi 3 miliardi di crediti in sofferenza o incagliati sono stati concessi a società amministrate da Pierluigi Boschi o da altri famigliari di esponenti del governo, compreso il Premier Renzi?
– Nel biennio 2013/14, sono stati spesi in consulenze da Banca Etruria ben 15 milioni di euro attraverso “incarichi che vengono forniti sulla stessa materia a diversi professionisti”: quanti di questi 15 milioni sono stati assegnati a familiari o amici del ministro Boschi?

Se può essere d’aiuto per invogliarla a rispondere non sarebbe male che la ministra Boschi si rivedesse il filmato delle dichiarazioni da lei rilasciate nella trasmissione Ballarò nel novembre 2013 in occasione della vicenda che portò alle dimissioni della ministra Cancellieri ( per una telefonata fatta o ricevuta).
Ho letto infine che la città di Arezzo si sarebbe stretta intorno alla sua ministra e alla famiglia Boschi ben voluta da tutti e non mi capacito come alle recenti elezioni comunali del 15 giugno 2015 il candidato Sindaco Matteo Bracciali sostenuto dal Pd e dalla ministra sia stato battuto al ballottaggio da Alessandro Ghinelli sostenuto dal Centro-destra.
Fatto questo che ha riconsegnato alla destra la città di Arezzo dopo 10 anni di governo della sinistra e chissà se nel segreto delle urne nel momento di vergare la scheda a qualcuno il pensiero non sia andato agli amici degli amici di Banca Etruria!
Che sia un’altra l’Italia giusta!

Questo l’intervento della ministra Boschi a Ballarò nel novembre 2013

MariaElenaBoschiLook

Renzi, la mia ricetta per cambiar verso all’Europa

Leopolda: in bacheca anche messaggi critici e delusioneDopo lo schiaffone rimediato in occasione del Referendum greco il Premier Renzi ha già in mente la nuova ricetta con cui si presenterà al board della UE per dare finalmente il via al suo intendimento di cambiar verso all’Europa!
In occasione della presentazione si accettano prenotazione per i tavoli allestiti a mo’ di Leopolda ( i posti sono limitati, per cui affrettatevi ) … è dovuta una quota di partecipazione di € 1000 ( rimasta invariata, nonostante lo sforzo mentale richiesto ) per sovvenzionare l’iniziativa.
#paggettoRenzi #teladoioleuropa #cambiarversoalleuropa #quelfiascodiRenzi #staiserenoMatteo #cavolinidiBruxelles

ricettaRENZIfiasco

Fassina chi? Quello che ha scelto la gente!

possibileStefano Fassina il calimero del PD dopo aver lasciato il partito ha rotto gli indugi e si è fatto grande promuovendo al teatro Palladium alla Garbatella un incontro dal tema “Scuola lavoro democrazia, futuro a sinistra” a cui hanno partecipato Pippo Civati, Cofferati, esponenti di SEL e Rifondazione comunista, oltre a una nutrita schiera di militanti che hanno stracciato la tessera del PD.
Il leader in pectore della nuova sinistra non ha scelto una data a caso per la sua presentazione, ma lo ha fatto il 4 luglio che come lui stesso ha spiegato: “Oltre all’Indipendenza degli Stati Uniti oggi celebriamo anche l’indipendenza da una sinistra rassegnata e subalterna”.
Fassina davanti ad una sala gremitissima non ha usato giri di parole ma anzi è andato diritto al problema affermando: “Stiamo costruendo un partito di governo che mette insieme la sinistra vera. Quella alternativa a Renzi, che di sinistra non ha nulla”.
Nel suo intervento l’ex vice ministro dell’Economia del Governo Letta ha citato Edoardo Bennato e la sua celebre “L’isola che non c’è” per lanciare il messaggio che la nuova formazione politica che si materializzerà subito dopo la pausa estiva nasce proprio per andare verso quell’isola che oggi non c’è e nella quale potranno coabitare le diverse anime della sinistra che nulla condividono con il PD di Renzi.
Quello che si apprestano a lanciare Fassina, Civati e & co. è un progetto politico molto interessante che potrà portare a risultati da doppia cifra elettorale nel momento in cui saprà imbarcare nel viaggio verso l’isola la moltitudine di naufraghi della sinistra che si sono visti costretti a scendere da un barcone, quello del PD, che fa acqua da tutte le parti.
palladiumRenzi ha fatto spallucce, ma è chiaro a tutti che ha accusato il colpo, tanto che dopo l’annuncio dell’addio di Fassina al PD si è affrettato a dire ai componenti del suo cerchio magico di non attaccarlo pubblicamente e se possibile di non commentare e non è difficile capire il motivo di questo suo atteggiamento.
Infatti se l’uscita di Pippo Civati è stata bollata dall’entourage di Renzi con la più classica delle battute: “ se ne è andato perché ha perso la corsa per la segreteria e perché non conta nulla” quella di Fassina è una defezione di quelle che può fare male e soprattutto nata per dare voce ai tanti militanti che non si riconoscono più in un PD che sa molto di Fanfani e poco o niente di Berlinguer.
Ecco allora che diventa estremamente controproducente per Renzi e combriccola dare contro a chi come Fassina ha messo da parte gli interessi personali per portare avanti quell’idea di sinistra che non si riconosce per nulla nelle riforme portate avanti dal Governo Renzi.
Fassina può essere simpatico o antipatico ma sicuramente è una persona coerente con le proprie idee e rispettoso degli impegni presi a suo tempo con gli elettori (alle primarie per le politiche del 2013 a Roma città fu il più votato con oltre 11.000 preferenze) non ci ha pensato due volte a lasciare un partito in cui le differenze non vengono rispettate ma anzi fatte oggetto di sberleffi.
Fossi in Renzi comincerei a guardarmi a sinistra con una certa apprensione visto che la sua luna di miele con una parte della metà degli italiani è pressoché finita, come recitano i sondaggi che vedono lo sgretolamento costante del suo consenso.

Renzi e #labuonapolitica che ricolloca Bassanini

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CdPlogoTra i tanti hastag lanciati dal premier Renzi dal giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi quello relativo a #labuonapolitica si può considerare uno dei più gettonati e secondo come importanza solo al fantastico #staisereno   con cui buttò giù dal palazzo Letta.
Se #staisereno fu un hastag di sostanza (te lo mando e ti soffio il posto) al contrario #labuonapolitica è quello che maggiormente rappresenta l’essenza di quel Renzismo che si basa sul nulla e che può essere catalogato come just an illusion (prendendo in prestito il titolo della canzone più famosa degli Imagination lanciata nel 1982).
#labuonapolitica è quella con cui Renzi afferma di voler cambiare l’Italia in meglio, affidandosi a processi innovativi che vadano a scardinare il vecchio sistema!
Peccato che in questi giorni pinocchietto Renzi abbia messo in atto una mossa che con #labuonapolitica non ha nulla a che vedere ma anzi ricorda i vecchi maneggi di democristiana memoria con cui venivano distribuiti gli incarichi di peso sulla base delle indicazione d’ordine fornite dai poteri forti.
E’ il caso delle dimissioni obbligate a cui è stato sottoposto il presidente della Cassa Depositi e Prestiti ( nonchè di Metroweb), Franco Bassanini politico di lungo corso e socialista votato alla causa del PCI.
Franco Bassanini è stato Onorevole dal 1979 al 1996 ( VIII,IX,X,XI,XII legislatura), Senatore dal 1996 al 2006 ( XIII e XIV legislatura), nonché Ministro per la funzione pubblica dal 1996 al 2001 (nei governi Prodi I, D’Alema II e Amato II), mentre la di lui moglie Linda Lanzillotta ( ha cambiato 7 partiti dall’inizio della sua attività politica ad oggi: Unione Comunisti Italiani, PSI, Democrazia e Libertà – La Margherita, PD, Alleanza per l’Italia, Scelta Civica, PD) attuale Vice Presidente del Senato siede in Parlamento dal 1996 ( XV,XVI,XVII legislatura) ed è stata Ministro per gli affari regionali dal 2006 al 2008 (Governo Prodi).
Per dirla in parole povere le Fondazioni bancarie d’intesa con il premier Renzi hanno deciso la destituzione di Bassanini per fare spazio a Claudio Costamagna, già consigliere di amministrazione di Bulgari, del Gruppo Il Sole 24 Ore, di Autogrill, di DeA Capital tutte società quotate sulla Borsa italiana.
Costamagna ha lavorato in Citibank, Montedison e Goldman Sachs, colosso della finanza mondiale dove, entrato nel 1988 come responsabile dell’investment banking per il mercato italiano ne è uscito dopo vent’anni con la stessa carica ma estesa all’intera area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa).
Attualmente è Presidente di Salini Impregilo Spa ( che costruisce anche opere per enti locali finanziati dalla Cassa depositi ) e siede anche nel consiglio di amministrazione di Luxottica, FTI Consulting Inc, Virgin Group Holdings Ltd.
Per allontanare Bassanini dalla cassaforte d’Italia il premier Renzi non si è affidato a un tweet ma lo ha fatto con un comunicato ufficiale che recita: “Ho parlato col Presidente Bassanini dell’esigenza – avvertita dal Governo e dalle Fondazioni bancarie – che tale processo sia accompagnato da una riflessione più ampia sulla governance della Cassa. Gli ho anche prospettato la mia intenzione di continuare ad utilizzare le sue competenze ela sua esperienza al servizio del Paese per altri incarichi. Bassanini si è dichiarato disponibile a favorire questo processo di rinnovamento, scegliendo per il momento di lavorare a Palazzo Chigi con l’incarico di “consigliere speciale” del Presidente del Consiglio. È mia intenzione affidargli divolta in volta il compito di predisporre analisi, proposte e soluzioni suspecifici problemi, continuando a dare il suo contributo alla realizzazione del Piano Banda Ultralarga”.
Della serie ti trombo dalla Cassa Depositi e Prestiti perché non sei “funzionale” ma ti nomino “consigliere speciale” del Presidente del Consiglio per la Banda Ultralarga!
Beh se questa è #labuonapolitica visto quello che sta succedendo in Europa e in Grecia a proposito del potere delle banche credo che sia veramente il caso di  preoccuparsi.

soldi

Tosi accende i fari nella nebbia!

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T6La querelle che ha portato alla rottura tra il sindaco di Verona Flavio Tosi e il segretario della Lega Nord Matteo Salvini (che di fatto lo ha espulso dal movimento) è stata letta da molti osservatori politici come incomprensibile ma invero non è niente altro che un passaggio dovuto per un politico che da grande vorrebbe fare addirittura il Premier.
Per ben capire quanto è successo in questi giorni è necessario fare un passo indietro, a quel 6 ottobre 2013 quando dal Palabam di Mantova, Flavio Tosi lancia la Fondazione “Ricostruiamo il Paese”.
L’obiettivo della Fondazione è quello di organizzare le primarie nazionali del Centro Destra e di sostenere la candidatura di Tosi a leader della coalizione, un progetto politico a dir poco ambizioso supportato dalla creazione su tutto il territorio nazionale di una rete di comitati provinciali: i Fari.
Appare quindi del tutto evidente che un politico che si propone di “ ricostruire il Paese “ da una futuribile posizione di Premier non possa pensare di vedersi relegato al ruolo di comprimario ( per di più scomodo ) nelle ormai imminenti elezioni regionali che riguarderanno la sua regione, quel Veneto dove il buon Tosi pensa di poter fare la voce grossa non fosse altro per il ruolo che gli compete come segretario nazionale della Liga Veneta.
L’ambizione personale, seppur legittima, a volte fa andare oltre la buona curanza di rispettare il lavoro degli altri, l’interesse generale del proprio movimento e non da ultimo il desiderio di tutti quegli elettori che vorrebbero veder riconfermato alla guida della regione un governatore che ha ben operato durante il suo mandato.
Vi è poi un aspetto tecnico non secondario, il sindaco Tosi ha scelto a suo tempo (nel 2012) di riproporsi come primo cittadino della sua Verona, avendo quindi ben chiaro l’impegno che lo avrebbe atteso in caso di rielezione per i prossimi cinque anni.
Forse il sindaco di Verona ha pensato che per iniziare a cavalcare l’onda che dovrebbe portarlo nel suo immaginario a governare l’Italia non vi fosse miglior cosa che utilizzare una probabile elezione a governatore del Veneto come ulteriore trampolino di lancio verso la sua tappa di avvicinamento a Palazzo Chigi.
Tutto legittimo, peccato che la regione Veneto arrivi da cinque anni di buon governo del presidente Zaia e che quindi la sua riconferma diventi un passaggio obbligato per la Lega Nord che non dovrebbe avere grosse difficoltà a mantenere il governo di questa regione.
Il sindaco Tosi di mestiere fa il politico a tempo pieno e quindi sorprende non poco che un politico di lungo corso come lui ( è in politica da venti anni ) non abbia colto come la rinascita record della Lega Nord ( dopo le penose vicende di Belsito & company) ottenuta grazie al nuovo modo di porsi del segretario Salvini abbia di fatto seppellito nelle nebbie della Padania il “Patto del Pirellone” siglato nel dicembre del 2013 tra il segretario uscente della Lega Nord Maroni e i due astri nascenti Tosi e Salvini, patto che prevedeva per Salvini la segreteria del partito e per Tosi la candidatura a premier nelle primarie del centrodestra alle prossime elezioni politiche.
E così al sindaco costretto all’angolo non resta che una via (che sa un po’ di suicidio politico), quella di candidarsi contro quel movimento che lo ha visto prima militante e poi protagonista della scena politica per più di un ventennio; ma la storia della Lega Nord insegna che chi si è allontanato negli anni per trovare nuove strade ha finito sempre per perdersi!
Tosi avrà pure acceso i fari ma la nebbia che lo avvolge ha di fatto già spento la sua corsa!

Linea Honeymania

Renzi mattarella Berlusconi!

quirinaleRenzi con la candidatura di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica ha di fatto messo a segno sulla scacchiera politica una sorta di scacco alla regina e salvo stravolgimenti dell’ultima ora dovuti a improbabili franchi tiratori alla quarta votazione darà scacco matto a Berlusconi e a quanti hanno creduto sulla sua affidabilità politica.
Quello che meraviglia è come un uomo navigato come il Cavaliere sia potuto cadere nel tranello preparatogli da un politico spregiudicato che nel giro di un anno ha fatto fuori con l’inganno due personaggi non secondari del PD come Bersani e Letta, per prendersi prima il partito e poi il Governo.
Berlusconi e il cerchio magico che lo circonda pagheranno, se verrà eletto Mattarella, un prezzo altissimo per questa sonora sconfitta che di fatto ridicolizza la classe dirigente di Forza Italia ma umilia pesantemente quell’elettorato di centro destra che alle ultime elezioni aveva affidato il proprio mandato elettorale a questi personaggi che anziché pensare a fare una ferrea opposizione a un governo di sinistra ci sono andati spesso e volentieri a braccetto permettendo a Renzi di portare a casa la riforma del Senato e il varo della nuova legge elettorale.
Il buon Renzi che si è trovato a dover combattere una lotta interna al suo partito con quelle frange minoritarie che giorno dopo giorno gli stavano creando problemi per un cammino sereno del suo Governo non ci ha pensato due volte ad anteporre i suoi interessi personali a quelli degli italiani; la candidatura di Mattarella gli ha di fatto permesso di ricompattare il PD e poco gli è importato se tale candidatura verrà o meno condivisa da Forza Italia e dalle altre forze di opposizione.
Peccato che in Italia non vi sia solo il 40% degli italiani che ha dato il voto al PD nelle ultime elezioni europee ma vi sia anche la rimanenza e cioè quel 60% di italiani che hanno dato il loro voto ad altri partiti o che non sono andati per nulla a votare.
La logica, il buon senso e la bramosia tanto sbandierata da Renzi di voler essere il nuovo che avanza avrebbe fatto pensare all’elezione di un Presidente della Repubblica che potesse raccogliere la più ampia condivisione possibile tra tutte le forze politiche presenti in Parlamento e non l’imposizione di un nome, prendere o lasciare, deciso dall’assemblea del PD.
Alcuni analisti politici in queste ore hanno parlato di Renzi come di un novello Andreotti ma credo che la definizione che più si adatta “ al bullo fiorentino “ come lo ha chiamato in un intervista a Radio radicale l’On.le Pizzolante del Ncd sia quella di essere una sorta di reincarnazione di Berlusconi ma con quella cattiveria che il Cavaliere non ha mai avuto.
Se Mattarella verrà eletto come auspicato da Renzi con il sistema : “ questo è il nome, se volete votarlo lo votate, altrimenti ce lo eleggiamo da soli “ la prima domanda da porsi è perché Mattarella e non Prodi, Veltroni o Bersani.
La risposta è semplicissima e sta nel Renzismo che prevede tra le altre cose l’istituzione in maniera subdola di una sorta di “ Premierato “ che porterà Renzi ad essere il protagonista assoluto della scena politica e confinerà il dodicesimo Presidente della Repubblica a un ruolo poco più che notarile.
Mattarella è senza ombra di dubbio persona stimabilissima, più volte ministro e attualmente giudice costituzionalista di nomina parlamentare ma credo che senza andare molto lontano sia sufficiente chiedere sue notizie ai cittadini di Nizza, Chambéry, Lugano e Graz per capire quali possano essere le sue credenziali sotto il profilo internazionale.
Chi pensava che l’avvento di Renzi ( che per dovere di cronaca è giusto ricordare non è stato eletto dagli italiani ma imposto dal benemerito Napolitano ) portasse una ventata nuova nella politica italiana ha avuto la possibilità di assistere ancora una volta nelle ore che precedono la quarta votazione al solito “ teatrino della politica “ con una raffica di dichiarazioni di politici ( Giovanardi e Formigoni, giusto per citarne due ) che pur non condividendo il metodo utilizzato da Renzi voteranno Mattarella per senso di responsabilità ( meglio conosciuto come “attaccamento alla poltrona” ) o esponenti del Governo quali Alfano e la sua mini pattuglia di ministri che di fronte al ricatto del Premier “ o votate Mattarella o vi dimettete “ scelgono con alto senso di responsabilità e per il bene degli italiani di votare un Presidente imposto anziché uscire da un Governo che il Premier sta sempre più portando avanti a suo uso e consumo.
Non credo che questa volta i franchi tiratori potranno stravolgere più di tanto l’esito di una votazione che appare alla vigilia quasi scontata, anzi forse potrebbero arrivare al contrario dei franchi soccorritori.
In qualunque modo finirà la vicenda gli aspetti che maggiormente accompagneranno questa votazione saranno: la consapevolezza di aver visto all’opera un Premier spregiudicato, capace di arrivare a ricattare la micro pattuglia di ministri del Ncd per ottenere il loro voto favorevole e la sensazione che la stragrande maggioranza degli attuali parlamentari ( compresa la comitiva di fuori usciti penta stellati ) pur sentendosi traditi, offesi, scavalcati e ridotti all’obbedienza non hanno nessuna voglia che si torni a votare.
Chissà se il nuovo Presidente, dovesse essere Mattarella, avrà voglia di prendersi la briga da costituzionalista qual è di verificare se l’attuale Governo gode ancora di una maggioranza credibile agli occhi degli italiani.

Quirinale da oggi si vota ma per chi?

MostraOggi il Parlamento in seduta congiunta inizierà le votazioni per l’elezione del dodicesimo Presidente della Repubblica italiana e a quanto pare il nome che uscirà dalle insalatiere che raccoglieranno i voti dei 1009 grandi elettori ( tra cui anche il presidente benemerito Giorgio Napolitano in qualità di senatore a vita ) sarà il frutto di un accordo tra il premier Renzi e il sempre in campo Berlusconi.
Il buon Renzi alle prese con la fronda della minoranza interna al suo partito ha dovuto ricorrere alla scialuppa di salvataggio che gli ha lanciato il Cavaliere, confermando di fatto che il patto del Nazareno riguardava anche l’elezione del prossimo inquilino del Quirinale e sarà interessante vedere nei prossimi mesi quali saranno le contropartite richieste in cambio da Berlusconi su cui il buon Matteo l’11 settembre 2013 diceva: “In un qualsiasi Paese dove un leader politico viene condannato con sentenza definitiva, la partita è finita: game over”.
Ma tornando agli aspetti tecnici della votazione i 1009 grandi elettori che sono la sommatoria di 630 deputati, 315 senatori, 6 senatori a vita e 58 rappresentanti delle regioni saranno chiamati nelle prime tre votazioni ad esprimere una maggioranza dei due terzi degli aventi diritto per eleggere il nuovo Presidente, il che vuol dire che individuato un candidato lo stesso dovrà ricevere non meno di 672 voti; a partire poi dalla quarta votazione in poi sarà sufficiente la maggioranza assoluta del 50% più uno pari a 505 voti.
Non è dato sapere a quale votazione verrà eletto il nuovo Presidente e di conseguenza con quanti voti, perché il tutto è nelle mani di chi muove i fili del teatrino della politica, anche se sarebbe auspicabile che il prescelto o la prescelta venisse eletto in maniera condivisa dalla stragrande maggioranza dei votanti.
Due dati che dovrebbero far riflettere gli esponenti della casta sono quelli emersi da un sondaggio effettuato in questi giorni dall’Istituto nazionale di ricerche DEMOPOLIS e i risultati delle Quirinarie lanciate dal Il fatto quotidiano dove sta spopolando Giancarlo Magalli.
Nel sondaggio di DEMOPOLIS ( lo trovate qui ) il 68% degli italiani si sono detti favorevoli ad eleggere direttamente il Presidente della Repubblica e per un italiano su due è Sandro Pertini il presidente della Repubblica più amato degli ultimi quarant’anni.
Il dato che emerge dal sondaggio è molto chiaro, gli italiani non vogliono lasciare in mano ai politici l’elezione del Capo dello Stato e indicano in maniera altrettanto chiara le caratteristiche che dovrebbe avere il futuro Presidente, portando ad esempio la figura di Sandro Pertini.
Le Quirinarie promosse da Il fatto quotidiano stravinte da Giancarlo Magalli inchiodano ulteriormente alle proprie responsabilità tutti quei politici che anno dopo anno hanno prodotto il nulla portando il paese sull’orlo del baratro.
Il voto a Magalli è chiaramente un voto di protesta ma lo stesso Magalli  ha ben spiegato il significato di questo voto nella trasmissione Agorà, dicendo: “Io credo che chi voleva capire ha capito. Non c’è nessun tentativo da parte di nessuno di mettere la mia faccia nella rosa dei candidati al Quirinale. Semmai c’è il tentativo di togliere delle facce che alla gente non piacciono“. Come dargli torto!
Nessuno ha la sfera di cristallo e quindi è superfluo fare previsioni ben sapendo che il nome che uscirà dalle insalatiere sarà per forza di cose il frutto di un compromesso, perché al contrario come ha detto il Premier Renzi durante la segreteria del PD finisce che : “se la maionese impazzisce, faccio una renzata “.
Di renzate penso che ne abbiamo già sorbite abbastanza, per cui sarebbe auspicabile che il prossimo Presidente non sia un monarca come l’ormai benemerito Napolitano e una volta nel pieno delle sue funzioni faccia l’unica cosa di buon senso che l’ambiguità su cui si regge l’attuale maggioranza del Governo gli impone, sciolga le Camere e chieda agli italiani di ritornare al più presto a votare per dare al paese un Governo credibile e non basato su di un inciucio tra una parte della maggioranza e una parte di finta opposizione.

pertini

ROMA – la politica delle larghe intese finisce in manette

Dopo quello che è successo ieri a Roma con la maxi operazione “Mondo di mezzo” torna più che mai attuale la frase di Mark TwainSe votare servisse a qualcosa, non ce lo lascerebbero fare”.
Non è necessario entrare nei particolari dell’operazione per capire che l’ennesima questione di malaffare che ha coinvolto la politica italiana vede coinvolti uomini politici di destra e di sinistra che hanno intrallazzato tra di loro nel più completo rispetto di quella che viene chiamata la politica “delle larghe intese”.
Quello che ha dell’incredibile è che questa classe politica continua imperterrita a farsi i cavoli propri incurante dei messaggi che il popolo gli sta inviando con la mancata partecipazione al voto.
Credo che a questo punto sia necessario andare oltre ed avere la forza di azzerare completamente questa classe politica anche a costo di disertare in massa i prossimi appuntamenti elettorali, perché se ad aver ragione è Mark Twain l’unico mondo per mandarli a casa tutti e di non votarne NESSUNO!