Giovedì 10 dicembre si è tenuta a Milano la presentazione della Guida Michelin Italia 2016 e Michael Ellis direttore internazionale della Guida Michelin ha descritto l’Italia come «Una delle destinazioni più dinamiche e affascinanti del mondo» di cui la Guida rossa, strumento utile e pratico per chi viaggia, è in grado di scattare ogni anno una fotografia attraverso i suoi ispettori che ne setacciano puntigliosamente il territorio.
La Guida Michelin funziona è innegabile, del resto chi non ha consultato la “rossa” almeno una volta nella vita?
L’originario libercolo rosso dedicato agli automobilisti nato nel 1900 è arrivato in Italia nel 1956 e da allora ha decretato anno dopo anno gioie e dolori per quegli chef che hanno affidato alla tanto agognata stella un ruolo puramente promozionale.
La Guida è un ottimo business editoriale, ma la cucina non c’entra niente, è tutta un’altra storia che non può essere riconducibile a una stella che talvolta diventa una vera e propria fissazione per tutti coloro che vi ruotano intorno.
Tra gli addetti ai lavori c’è chi la venera e ne attende con trepidazione l’uscita per vedere rinsaldata la propria notorietà e consolidare il fatturato, mentre c’è chi come Gualtiero Marchesi (il principe degli chef) ed Ezio Santin (chef dell’ Antica Osteria del Ponte di Cassinetta di Lugagnano) ritengono che la passione per la cucina non possa essere subordinata ai voti, e quindi in tempi diversi hanno deciso di uscire dalla “rossa”.
L’edizione italiana 2016 segnala 6300 indirizzi e ben 334 stelle così ripartite: 8 tre stelle, 38 due stelle e 288 stelle (26 le nuove stelle) che confermano l’Italia come secondo paese al mondo con il più alto numero di stelle.
Le regioni più stellate sono nell’ordine la Lombardia con 56, seguita dalla Campania con 37, dal Piemonte e Veneto a pari merito con 36, dalla Toscana con 29 e dal Trentino Alto Adige con 27.
La vera chicca dell’edizione 2016 è costituita dal declassamento del Combal.Zero di Davide Scabin da due a una stella, fatto questo che ha scatenato un tam tam immediato sui social dove è partito un vero e proprio cinguettio di incredulità.
C’è chi parla di vera e propria doccia fredda per i numerosi fan di Scabin e dell’intera brigata del Combal.Zero, o chi addirittura come il fotografo Bob Noto (uno dei più noti fotografi del settore a livello internazionale) affida alla sua pagina facebook la piena solidarietà allo chef di Rivoli lanciando “Je Suis Scabin”.
Scabin nel frattempo affida il suo commento al Corriere della sera : “Sono basito, non so cosa dire. Non ho avuto alcuna spiegazione dalla Michelin, non so proprio come commentare la decisione della guida. E pensare che qui al Combal.Zero abbiamo fatto un anno di lavoro bellissimo, con il ristorante sempre pieno e tante innovazioni. Ero convinto di essere sotto osservazione per la terza stella, che magari sarebbe potuta arrivare l’anno prossimo. E invece mi hanno tolto la seconda. Non modificherò né i piatti né i prezzi, vado avanti con la solita qualità e la solita ricerca. Quindi sarò il ristorante a una stella più caro d’Italia: il mio menu degustazione costa 200 euro”.
Ma la levata di scudi a favore di Scabin assume più che altro i contorni di una vera e propria difesa d’ufficio verso un grande ristorante italiano considerato che quasi tutti contestano il giudizio espresso dalla “rossa” senza però parlare di cucina e porsi l’unica domanda possibile: al Combal.Zero oggi si mangia come o meglio di due anni fa?
Nella giostra delle guide ci sta che un ristorante di un certo livello debba essere presente per una questione di visibilità e quindi di comunicazione, ma nel momento in cui si decide di salire sulla giostra (e quella della “rossa” è una sorta di rampa di lancio verso la clientela straniera) bisogna condividerne appieno le regole che prevedono da una parte di poter essere ben giudicati e quindi di trarre benefici in termini di visibilità e dall’altra di dover accettare con la dovuta signorilità i giudizi non troppo benevoli che dovrebbero sollecitare un momento di riflessione sul proprio operato a meno che non si pensi di essere esentati dal commettere errori.
Il mondo delle guide per un ristorante che voglia ambire al Gotha della ristorazione è un’operazione ineludibile di marketing per cui fatto salvo il detto: “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”, Scabin da questa vicenda potrebbe ricavarne una maggiore visibilità rispetto a quella che gli avrebbe garantito il mantenimento della seconda stella.
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Govone – Nel Magico Paese di Natale vanno in scena i vini piemontesi d’eccellenza
Fino al 6 gennaio 2016 Govone, la località cuneese sulle colline del Roero, a metà strada fra le città di Alba e Asti ospiterà nel Parco del Castello Reale (una residenza sabauda incantata, inscritta nella lista dei siti patrimonio dell’Umanità) la IX edizione de Il Magico Paese di Natale.
Dopo il successo di pubblico dello scorso anno con oltre 80.000 visite l’edizione attualmente in corso si ripropone con due nuovi spettacoli “Arien: la principessa dei ghiacci” e “The Time of Christmas”, l’immancabile visita al fantastico presepe meccanico e il tradizionale Mercatino, lungo le vie del centro storico, che con le sue 86 casette di legno metterà in bella mostra le principali specialità enogastronomiche piemontesi (vin brülé, torrone, tartufi, formaggi e altri prelibatezze degne dei migliori buongustai).
Ma la vera chicca di questa kermesse natalizia è il progetto “Le Officine”(che porta la firma di Manuela Viglione) un laboratorio culinario che quest’anno sarà dedicato a “Il Pane di famiglia”.
Il laboratorio si trasforma in una vera e propria officina del gusto dove si crea una simbiosi tra chi racconta e chi ascolta in una sorta di impasto collettivo che ha come fine ultimo quello di assaporare le prime grandi esperienze del gusto attraverso le sensazioni che trasmettono il dolce e il salato nel momento in cui esaltando l’incredibile talento della farina si andranno a costruire i vari impasti per il pane, i biscotti, la pizza che arriveranno poi su quel tavolo di cucina attorno al quale nel tempo hanno fatto capolino i racconti del cibo dei nonni, delle mamme e perché no i pettegolezzi e le questioni di famiglia.
I corsi saranno giornalieri e gli incontri saranno tenuti da chef, giornalisti, blogger e mamme che racconteranno ed insegneranno ricette a tutta la famiglia.
I laboratori, che durano un’ora circa, costano 4 euro ed è necessaria la prenotazione che si può fare direttamente dal sito de Il Magico Paese di Babbo Natale.
A far compagnia al laboratorio “Il pane di famiglia” vi sarà “Vino al vino” (la cui direzione artistica è stata affidata a Laura Gobbi, esperta di marketing territoriale) degustazioni guidate dei vini più rappresentativi dei tre territori: Langhe,Monferrato,Roero che pur avendo culture differenti si riconoscono sotto un “unico filare” che tesse ed intreccia i confini naturali di un territorio immenso.
Il progetto nasce per raccontare i tre territori attraverso il vino, non più inteso solo come bevanda ma come vero e proprio alimento; un laboratorio creativo dove la genialità, la trasformazione e le
esperienze nascono nelle vigne, si trasformano nelle cantine e si esprimono in un bicchiere attraverso i racconti dei produttori che hanno contribuito a rendere il Piemonte, una terra indiscussa di grandi vini.
Saranno presenti i grandi consorzi come quello del Barbera d’Asti DOCG e dell’Asti DOCG, ma anche piccoli produttori, cantine storiche e giovani imprenditrici del vino naturale, fuori classe come Walter Massa e le Donne del Vino.
Le degustazioni saranno guidate da esperti enologi che spiegheranno non solo il vino, ma racconteranno le storie, talvolta incredibili, di chi quel vino lo produce.
Le degustazioni sono gratuite e solo su prenotazione (max 30 partecipanti), i vini saranno serviti in bicchieri di vetro per rendere al massimo ogni caratteristica del vino.
È possibile prenotarsi alle degustazioni dal sito www.ilpaesedinatale.com nella sezione eventi
Dal 5 all’8 dicembre si entra nel vivo del laboratorio di “Vino al vino” con le degustazioni dei migliori vini del Piemonte: dal Timorasso al Gavi, passando dal Grignolino per arrivare al Brachetto ed abbracciare l’Erbaluce, ma anche il Moscato, la Barbera, il Nebbiolo, il Dolcetto ed altri nobili vini, espressione della terra piemontese.
“Saranno quattro giorni intensi di sapori, profumi ma soprattutto di storie, raccontate direttamente dai produttori che con tenacia e passione esprimono l’amore per il territorio attraverso un calice di vino”.
Il programma completo degli eventi de “Le Officine del Gusto” e di “Vino al vino” lo si può trovare sul sito de Il Magico Paese di Natale.
Per quanto riguarda le degustazioni in programma dal 5 al’8 dicembre, questo il calendario:
5 dicembre
ore 11 Degustazione Vini CANATO E FRANCO ROERO ( Lorenzo Tablino enologo)
ore 17 Degustazioni Cantina CESTE VINI e Cantina PONCHIONE MAURIZIO
6 dicembre
ore 11 Degustazione vini CIECK e CARREA TERRE DI MATÈ
ore 17 Degustazioni vini ACQUESI 1952 e SCAGLIOLA
7 dicembre
ore 11 Degustazioni Vini Territorio Roero : COSTA/DEMARIE/CHIESA
ore 17 Degustazioni vini dei PRODUTTORI DI MONTELUPO
8 dicembre
ore 11 Degustazioni Vini Az.Agr. WALTER MASSA, e Az.Agr. POGGIO
ore 17 Degustazioni di vini di Az.Agr. METILDE e MARCO BOTTO
Per maggiori informazioni:
www.ilpaesedinatale.com
Suvereto – 48° Sagra del cinghiale
Quest’anno la “festa” per eccellenza di Suvereto si terrà dal 28 novembre al’8 dicembre e come ogni anno il cinghiale con le sue pregiate carni sarà il vero protagonista di una manifestazione tra le più vecchie e conosciute della Toscana, capace di attirare ogni anno migliaia di visitatori e buongustai.
E per realizzare tutto ciò scendono in campo le associazioni con centinaia di volontari organizzati e coordinati dall’Ente Valorizzazione Suvereto (EVS).
Si tiene ormai da oltre 40 anni e nata nel lontano 29 dicembre 1968 come Sagra del cinghiale con il passare degli anni grazie al costante successo di pubblico ottenuto è diventata in pratica la Sagra di Suvereto, non fosse altro per i risvolti di natura culturale ed artistico che l’hanno accompagnata nell’arco della sua storia.
La sagra coniuga insieme due feste, una per l’inverno che sta per arrivare e l’altra per la caccia che celebra i sapori forti del cinghiale che ben si accompagnano a pappardelle, polenta, fagioli, olive e buoni ultimi ma primi i sughi saporiti.
Il vero simbolo culinario della Sagra è la CAPPA che troneggia alla confluenza tra le vie che portano al Chiostro, al Palazzo Comunale e alla Rocca; è accanto a questa capace griglia che i buongustai trovano quello di cui sono in cerca: carne di cinghiale arrostita, rostinciane, salsicce e l’immancabile polenta arrosto.
Lungo l’intero percorso della Sagra sono disseminati punti ristoro dove si possono gustare un po’ di tutto: Banco delle bruschette, Banco dei ghiottoni, Banco delle zonzelle, Banco della castagne e del vin brulè.
In P.za San Martino vi sarà un punto ristoro volante dove poter assaggiare i piatti tipici della Sagra, cinghiale con olive, salsiccia all’uccelletto e cinghiale al cioccolato; mentre presso i due punti ristoro della Sagra: Il Ghibellino poco lontano dal Chiostro di San Fracesco e la Locanda la Rocca subito sotto la rocca Aldobrandesca sarà possibile gustare tutte le specialità del cinghiale alla carta oppure scegliere tra due menu fissi proposti a 15/20 euro cadauno.
MENU 1 – Euro 15,00
Pappardelle al cinghiale
Cinghiale in umido con olive nere
Dolce locale e Acqua Minerale
MENU 2 – Euro 20,00
Antipasto di terra
Pappardelle al cinghiale
Cinghiale in umido con olive nere
Polenta
Dolce locale e Acqua Minerale
il tutto volendo innaffiato con gli straordinari vini della Doc Val di Cornia.
Ma la Sagra non è solo cibo ma anche cultura e divertimento, il vero clou si avrà alle ore 15.45 di lunedì 8 dicembre quando si terrà il tradizionale Corteo Storico che rievoca la concessione della Charta Libertatis da parte di Ildebrandino VIII conte degli Aldobrandeschi di Sovana, fatta ai “fedeli sudditi” suveretani nel lontano 1201.
Inoltre domenica 6 dicembre vi sarà come ospite d’eccezione alla Sagra il paese di Oratino in provincia di Campobasso, da dove domina la valle del Biferno.
La presenza di Oratino a Suvereto non sarà solo l’occasione per una sorta di gemellaggio tra due paesi appartenenti al Club dei Borghi più belli d’Italia, ma anche la volontà di potersi confrontare su quelle tradizioni contadine e pastorali che seppur in modo diverso sono parte integrante della cultura del Molise e della Maremma.
Per maggiori informazioni e programma dettagliato:
Ente Valorizzazione Suvereto
Pagina Facebook EVS
41° edizione Fiera del formaggio di fossa – Sogliano al Rubicone
Sogliano al Rubicone il paese che il grande Giovanni Pascoli definì “piccolo grandemente amato paese di Romagna” ospita dal 22 novembre fino al 6 dicembre la quarantunesima edizione della Fiera del formaggio di fossa.
Un evento storico che non passa mai di moda e che rende omaggio al formaggio di fossa che è un tipico prodotto di Sogliano (che si estende tra le vallate del Rubicone e del Marecchia) e che nel 2009 ha ottenuto il marchio Dop con la denominazione “Formaggio di Fossa di Sogliano Dop”.
La manifestazione organizzata da illo tempore dalla locale Proloco in collaborazione con il Comune di Sogliano è nata con l’intento di valorizzare questo formaggio il cui nome deriva dagli ambienti sotterranei, scavati nel tufo, in cui avviene la stagionatura attraverso un processo di fermentazione naturale.
Durante la Fiera del formaggio di fossa è possibile mangiare gustosi piatti romagnoli presso i locali della Proloco e acquistare non solo il formaggio di fossa ma anche altri tipici prodotti soglianesi: il Savòr (è una dolce marmellata, tipica della frazione di Montegelli, ottenuta dopo una lunga lavorazione e composta da mosto d’uva, mele, mele cotogne, pere e frutta secca), la Saba, le Teglie in argilla di Montetiffi (ideali per la cottura della piadina), miele e salumi.
Il programma della manifestazione prevede una serie di eventi collaterali e mostre varie (di pittura, scultura, arte varia); stand della Strada dei vini e dei sapori e stand dell’Associazione Nazionale “Città dei Sapori” (presso i quali sarà possibile degustare e acquistare i prodotti tipici che i Comuni aderenti presenteranno); stand degli allevatori e coltivatori di Sogliano ( con esposizione dei prodotti delle aziende agricole locali).
Molto interessanti sono le mostre permanenti di Palazzo Marcosanti: la Collezione di Arte Povera, il Museo Linea Christa e la Raccolta Veggiani.
Quest’anno come negli anni precedenti la tradizionale apertura delle fosse si terrà mercoledì 25 novembre ( festa di Santa Caterina d’Alessandria ) alle ore 10, in via Le Greppe 14 – presso Fosse Pellegrini.
La storia del formaggio di fossa
L’usanza di “seppellire” il formaggio viene tramandata nei secoli quale parte integrante delle tradizioni contadine del luogo; l’origine di tale pratica è ignota, anche se documenti risalenti al XV secolo testimoniano in modo tangibile che esisteva anche a quei tempi.
Il formaggio deve essere preventivamente richiuso in sacchetti di panno, preferibilmente bianco ove i proprietari delle fosse apporranno, con olio cotto e nero fumo 2 numeri; il primo corrisponde al proprietario, il secondo al peso ancora espresso tradizionalmente in libbre.
Le fosse per la maturazione non sono altro che ambienti sotterranei di probabile origine medievale, scavate nel tufo dell’abitato soglianese ed un tempo adibite a deposito di grano.
Possono essere di varia forma e misura; in generale sono a forma di fiasco con un base di 2 mt. di circonferenza ed un’altezza di circa 3mt. compreso il collo.
Le fosse vengono aperte ogni anno il 16 agosto; da questo giorno i contadini, i commercianti o semplici privati hanno tempo fino ai primi di settembre per portare il proprio formaggio a maturare nelle fosse.
Operai esperti iniziano, di buon mattino, a bruciare paglia all’interno delle fosse allo scopo sia di togliere l’umidità accumulata sia per una sorta di sterilizzazione contro certi germi che potrebbero nuocere ad una normale fermentazione.
Si passa poi al rivestimento delle pareti per isolare il tufo con uno strato di circa 10 cm. di paglia sostenuta da un’impalcatura di canne verticali legate orizzontalmente da cerchi di legno, sul fondo vengono sistemate delle tavole anch’esse in legno.
A questo punto le fosse sono pronte per ricevere il formaggio dopodiché vengono chiuse per essere riaperte quasi 3 mesi più tardi a miracolo compiuto: il normale formaggio depositato in agosto è diventato il formaggio di fossa dal sapore e fragranza inconfondibili.
A causa della fermentazione e della sgrassatura il formaggio può subire un calo di peso e si presenta in forme irregolari, prive di crosta e con una pasta di consistenza dura o semidura a seconda del formaggio di partenza, mentre il colore è giallo paglierino.
Per maggiori informazioni e programma dettagliato:
Comune di Sogliano al Rubicone
Pro loco Sogliano al Rubicone
La ricetta per fare il Savòr
Si prendono 8 litri di mosto d’uva nera (sangiovese) e si fa bollire fino a quando il mosto sia ben denso e ne sia rimasto circa 2 litri. In questo concentrato zuccherino si mettono a bollire 2,5 kg di frutta autunnale, pere, mele, mele cotogne sbucciate e tagliate a dadi piuttosto grossi, fichi, gherigli di noci e gherigli di mandorle sbucciati, scorza di limone non trattato, poca cannella. Poi si procede come per una normale marmellata. Quando il savor avrà raggiunto la consistenza desiderata si pone, ancora bollente, in vasi dalla chiusura ermetica, dove si conserverà a lungo.
Per maggiori informazioni:
Associazione Culturale Montegelli
Parmigiano Reggiano Night – 160 ristoranti celebrano il Re dei formaggi
Sabato 24 ottobre saranno ben 160 i ristoranti italiani che si cimenteranno nella Parmigiano Reggiano Night, l’evento che unisce simbolicamente tutti gli appassionati del Re dei formaggi celebrando il gusto della tavola e il gusto di stare insieme.
Da Belluno a Ragusa ( il maggior numero di adesioni si è avuto da Emilia Romagna, Lombardia,Veneto, Piemonte e Campania) i ristoranti che hanno aderito alla manifestazione questa sera presenteranno un piatto o un intero menù a base di Parmigiano Reggiano e distribuiranno un simpatico gadget a tutti i clienti che parteciperanno alla serata.
Nei giorni successivi, i locali che caricheranno sul sito web dell’evento le foto della propria serata potranno partecipare all’estrazione di una intera forma di Parmigiano Reggiano del peso di 40 kilogrammi.
La suddivisione geografica dei ristoranti che hanno aderito alla Parmigiano Reggiano Night vede in testa l’Emilia-Romagna con 64 esercizi (equamente divisi tra province di produzione e aree fuori dal comprensorio produttivo), seguiti dai 23 della Lombardia, dai 10 del Veneto e poi via via dai ristoranti di Piemonte e Campania (8 a testa), Liguria, Marche, Calabria, Sicilia, Puglia e altre regioni italiane.
Tra le città al di fuori del comprensorio di produzione (nel cui ambito il primato va a Bologna, con 11 ristoranti), la graduatoria è guidata da Rimini (10 ristoranti), seguita da Milano e Piacenza (7 ristoranti ciascuna), Roma e Verona (entrambe con 6) e poi Napoli (4) e Torino (3).
Chi volesse partecipare all’evento può visitare il sito dedicato www.night.parmigianoreggiano.com inserire la propria città di appartenenza, consultare la lista dei ristoranti più vicini e prenotare (menu e prezzi sono a discrezione dei singoli esercizi).
La Parmigiano Reggiano Night, giunta quest’anno alla 4° edizione è nata nel 2012, a seguito del terremoto che colpì duramente anche tanti caseifici del Parmigiano Reggiano, e da allora si è ripetuta ogni anno come momento di coinvolgimento e unione per tutti gli amici del Parmigiano Reggiano e per gli chef che interpretano il Re dei formaggi valorizzandolo secondo i propri gusti e il proprio stile.
Per informazioni e prenotazioni:
www.night.parmigianoreggiano.com
5° edizione Torgnon d’outon – 23 ottobre / 8 novembre 2015
Torgnon, il piccolo paese composto da ventidue piccole frazioni distribuite su un ampio e soleggiato terrazzo morenico, inserito nella Comunità Montana del Cervino, vi aspetta per la 5° edizione della ormai collaudata Torgnon d’outon che da festa patronale si è ormai trasformata in un appuntamento immancabile con i sapori autunnali.
Gli ingredienti principali della festa che si prolunga per due settimane saranno: le specialità valdostane, tra cui Fontina DOP d’alpeggio e patate di montagna, formaggi di capra, miele, castagne, cioccolato al miele, animazioni, artigianato e buona musica.
Domenica 25 ottobre si terrà Lo Tsaven de Torgnon il mercatino a km 0 dedicato alle specialità del territorio, mentre alle ore 10 vi sarà una dimostrazione sulla lavorazione della fontina a cura di Fabio Machet.
Nello stand ristorante avrete la possibilità di assaggiare alcune specialità tipiche, tra cui la Torgnolette, a base di patate, fontina, porri e pancetta e la Seuppa de Torgnon, una zuppa di pane nero e bianco, Fontina, cavolo verza e fave.
Torgnon d’outon – Festa Patronale di San Martino
Località Mongnod, partenza telecabina
Ingresso libero in tutte le serate
Per i pasti prenotazione consigliata
cell. 329.7505090 (Lorena) – 340.7058809 (Liam)
tel. 0166.540433 (Ufficio turistico)
Per maggiori informazioni:
http://www.torgnon.org
La ricetta della Torgnolette
Tramandata dall’Associazione Turistico Culturale Coeur Torgnolein
Ingredienti
Patate di montagna
Pancetta
Porri
Fontina d’alpeggio DOP
Procedimento
Lessare le patate tagliate a fette.
Stufare la pancetta e i porri tagliati a dadini.
Comporre in una terrina strati di patate alternati con porri pancetta e fette di Fontina.
Bagnare il tutto con un po’ di brodo e infornare a 180 gradi per 20 minuti.
Dosi per 4 – 6 persone
– 6 patate di montagna
– 2 porri
– 150 gr di pancetta tesa
– 50 gr. di burro
– 300 gr. di Fontina d’alpeggio DOP della Valle d’Aosta
– sale q.b
Bon appétit!
85° Fiera Internazionale del Tartufo bianco di Alba
Fino al 15 novembre Alba vi aspetta ogni weekend per gustare il “Re” dei tuberi, il tartufo bianco di Alba che sarà possibile vedere, toccare, annusare e ovviamente gustare abbinato ai piatti tipici della cucina piemontese.
Alba sarà in festa per rendere omaggio al suo prodotto più conosciuto e apprezzato con la tradizionale Fiera internazionale del Tartufo Bianco che anno dopo anno si perpetua dal lontano 1928 quando Giacomo Morra decise di far conoscere al mondo intero il tartufo d’Alba.
Ogni sabato e domenica dalle 9 alle 20 avrete la possibilità di vivere la Fiera con eventi di enogastronomia e folklore, mostre, laboratori, appuntamenti di cultura.
Grande spazio troveranno la cucina tradizionale piemontese e langarola e gli abbinamenti enologici tra i tanti vini del territorio.
Mercato del Tartufo e AlbaQualità
Sabato e Domenica: 9.00 – 20.00
Ingresso: 3,00€
Gruppi oltre 30 persone: 2,50€
Sotto i 15 anni: gratuito
Per maggiori informazioni e programma :
http://www.fieradeltartufo.org/
Chianale – Locanda La Peiro Groso
Siamo a Chianale, piccola frazione dell’altrettanto piccolo comune di Pontechianale (178 abitanti al 1 gennaio 2013), in alta Val Varaita in provincia di Cuneo.
La Chanal inserito tra i “Borghi più belli d’Italia” fu nel passato un’importante tappa del Chemin Royal, tappa obbligatoria per trasportare il sale oltre il confine francese, passando per i 2748 m del Colle dell’agnello per poi raggiungere la regione del Queyras.
In questo piccolo borgo, separato in due parti dal torrente Varaita, tra un tripudio di ardesie, lose, legno e travi antiche si respira il profumo delle Alpi circondati dall’essenza della cultura occitana e provenzale.
Proprio all’inizio del borgo a pochi metri dal parcheggio situato sulla riva del torrente Varaita si trova una piccola locanda a conduzione famigliare, La Peiro Groso dove si possono degustare in un ambiente tranquillo e accogliente le specialità della cucina di montagna.
Questa locanda occitana costruita attorno a una grande pietra presente e visibile nella sala da pranzo principale e in alcune stanze, (da qui il nome “Peiro groso” espressione del dialetto occitano che significa pietra grande) appartiene alla famiglia Bondioni.
La struttura, in origine, era l’azienda agricola della famiglia stessa (risalente probabilmente al 1723) è stata totalmente ristrutturata nel 2002 e dopo cinque anni di lavori si è giunti all’inaugurazione nell’aprile del 2007.
La locanda si sviluppa su 2 livelli, il pianoterra in cui si trovano le due salette adibite alla ristorazione, la sala relax con il caminetto per rilassarsi nelle giornate di maltempo, una piccola zona bar, la reception e la cucina, mentre al piano superiore si trovano le 4 stanze.
Attualmente è gestita con professionalità e cortesia dalla famiglia Stucchi che propone un nutrito ventaglio di piatti della tradizione occitana utilizzando come materie prime i prodotti tipici a km.0 della Val Varaita o delle valli vicine.
Un proverbio antico recitava: “La fam es’ na bono cuziniro – la fame è una buona cuoca” e questa frase è capace di racchiudere dentro di sé le radici e l’ispirazione di una cucina povera, saporita e creativa come quella occitana.
La cucina di montagna è stata spesso una cucina di sopravvivenza, tanto che gli storici sono soliti ricordare che nel passato il mangiare più diffuso delle valli occitane era la cinghia.
Una cucina molto legata al territorio e alle sue stagioni che consisteva in niente o poco più di niente, quasi come se fosse una dieta dei malnutrì: pane di grano saraceno o segale, castagne, polenta, patate, uova, latte, formaggi, erbe selvatiche; ingredienti che oggi nell’era dei fast food possono sembrare quanto di più sano e gustoso possa esserci.
Attraverso cotture lente e l’impeccabile manualità di chi cucinava vennero fuori dei piatti che ancora oggi sono dei veri ambasciatori della tradizione del ricettario occitano: l’oca arrosto (il piatto della festa), la minestra di riso e castagne, le cipolle ripiene (sebos abaouso), le frittate di ortiche o cipolle, i crosettin (gnocchetti), la polenta di grano saraceno ( meglio conosciuto come formentin), a supa mitunà (zuppa di pane raffermo e cipolle), le raviolas de Blins (gnocchi della Valle Varaita alla moda di Bellino), i macarons e trifolas (maccheroni e patate con funghi), la polenta de trifolas e fromentin (polenta di patate e grano saraceno), l’oula al fourn.
La cucina occitana delle valli piemontesi a differenza di quella che va dai Pirenei alla Provenza non abbonda di salse alle erbe, spezie, carne di maiale e conserve di pesce ma si riconosce soprattutto nell’utilizzo di farine, tome, tomini, cacciagione, trotelle, funghi e formaggi particolari come il bruss ( una crema piuttosto piccante di formaggi rifermentati).
Sta all’abilità e bravura di chi è dietro ai fornelli di saper presentare ai giorni nostri una cucina ricca di tradizioni attraverso una rivisitazione delle ricette più gettonate; è il caso del giovane cuoco Alessandro Stucchi della Locanda La Peiro Groso che seguendo le stagioni è in grado di offrire un ventaglio di proposte molto interessanti, tra cui vi segnalo:
Antipasti
Tagliere di salumi e formaggi della valle, Bresaola di cervo con bouquet, Frittella di grano saraceno con insalatina all’aceto balsamico, Prosciutto cotto di vitello d’alpe Varaitano con carciofi e salsa verde, Vitello tonnato, Caponatina di verdure con cialda croccante di parmigiano, Tortino di porri e patate con grissini di polenta croccante, Mini tomini di Melle con zucchine alla griglia e polenta arrostita
Primi piatti
Ravioles della Val Varaita con panna, formaggio e burro fuso, Agnolotti alle ortiche e ripieni di gallina conditi con salsa di noci, Polenta concia, Risotto alla barbabietola, Risotto di legumi su cialda croccante di Castelmagno, Polenta pignulet con funghi porcini, Tagliatelle con panna salsiccia e funghi
Secondi piatti
Stinco di agnello glassato al forno con polenta e verdure, Costolette di capriolo, Spezzatino d’asino,Medaglione di coniglio lardellato su cavolo cappuccio viola e polenta
Dessert
Torta sablè con ricotta, amaretti, zucca e salsa inglese, Mousse al cioccolato fondente e bianco con salsa mou, Torta allo jogurt con marmellata di sambuco, Semifreddo menta e cioccolato, Semifreddo alla vaniglia e salsa al caffè
La Locanda La Peiro Groso è aperta tutto l’anno, nei festivi è preferibile prenotare per il pranzo anche se devo dire che pur essendovi arrivato ad un orario indecente per pranzare, il titolare e lo staff di cucina con una cortesia quasi introvabile mi hanno concesso il piacere di poter degustare la cucina occitana.
Locanda La Peiro Groso
Frazione Chianale 3
12020 Pontechianale CN
Tel: 0175 950200
www.lapeirogroso.it
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Il museo del costume di Chianale e dell’Artigianato tessile
Il museo del costume di Chianale è ospitato nell’antica chiesa dei Cappuccini, operanti in valle nel corso del ‘600 e del ‘700.
Il Museo è stato inaugurato il 13 settembre 2008 a conclusione di un lungo e delicato lavoro di ristrutturazione.
Ospita una ricca documentazione sui costumi della valle e sui prodotti dell’artigianato tessile. L’abito tradizionale delle donne costituisce nei tre comuni più elevati della Val Varaita un apparato complesso che in riferimento a una precisa area territoriale è l’espressione di un’altrettanto precisa unità culturale.
Museo del Costume e dell’Artigianato tessile
Frazione Chianale, 7
12020 Pontechianale (CN) – Italy
Tel. (+39) 0175 950106
Orari
Nei mesi di Giugno e Settembre:
Solo Sabato e Domenica
dalle 15:00 alle 18:00
Nei mesi di Luglio e Agosto:
Tutti i giorni
dalle 15:00 alle 18:00
Chiuso il Martedì
Prenotazioni per visite fuori orario:
Tel. (+39) 347 8999198
www.museodelcostumechianale.it
Azienda Agricola Roggero – Toumin del Mel – Melle
Sulla strada provinciale che da Costigliole di Saluzzo porta a Chianale, subito dopo Brossasco e prima di Sampeyre nel paesino di Melle potete trovare l’Azienda Agricola Roggero.
Il piccolo caseificio artigianale nasce nel 1990 quando Luciano Roggero con l’aiuto della moglie Manuela e della figlia Annalisa raccoglie l’esperienza dal papà Giovanni che da anni aveva in proprio una piccola produzione di Toumin dal Mel.
I Roggero hanno saputo coniugare in un tutt’uno tradizione, territorio e prodotto riuscendo a diventare un punto di riferimento costante per gli amanti del buon formaggio, e tutto ciò è stato possibile grazie alla passione e alla modernizzazione che ha saputo mettere in atto la famiglia in tutti questi anni.
Al ritorno da Chianale avrete la possibilità di fare una sosta presso il loro punto vendita dove troverete una vasta selezione di tomini,tome,formaggi e latticini tra cui:
Toumin del Mel · Toumin al Purunin · Toumin al Pevrez
Tomino alle erbe · Toma dal Bòt · Tuma d’Meira Bianca
Tomini Freschi · Nostrale · Burro · Ricotta
Yogurt naturale e alla frutta · Latte fresco · Bruss
Orario invernale:
9-12.30 / 15.30-19
martedì chiuso
Orario estivo:
8.30-12.30 / 15.30-19.30
Agosto sempre aperto
Azienda Agricola Roggero
Via Provinciale 34
12020 Melle (CN)
www.aziendaagricolaroggero.it
L’Occitania
L’Occitania è un’area compresa geograficamente tra le Alpi, i Pirenei, il Mediterraneo e l’Atlantico Francese contraddistinta da una lingua comune: l’occitano.
La sua estensione è delimitata a Nord da una linea ideale che unisce Bordeaux a Briançon e passa sensibilmente sopra Limoges, Clermont-Ferrand e Valence.
Questa linea, che ignora le frontiere statali, attraversa le Alpi e abbraccia una dozzina di valli sul versante italiano, si allunga sulla costa mediterranea da Mentone sino alla Catalogna.
Correndo sui Pirenei, entra appena nello stato spagnolo con la Val d’Aran, tocca i Paesi Baschi e si tuffa nell’Oceano Atlantico.
Si deve considerare di lingua d’oc anche il comune di Guardia Piemontese in provincia di Cosenza.
La superficie totale dell’Occitania è di circa 196.000 kmq con una popolazione stimata di circa 12 milioni di abitanti.
In Italia sono occitani 120 comuni delle province di Cuneo, Torino e Imperia su una superficie di 4300 kmq con circa 90.000 abitanti.
Le valli occitane italiane sono ufficialmente quattordici ma il conteggio è complicato dalla morfologia complessa di alcune vallate. In provincia di Cuneo sono occitani l’alta Val Tanaro, le valli del Quié (o kyé), la Valle Pesio, le valli Vermenagna, Gesso, Stura, Grana, Maira, Varaita, Po.
La minoranza linguistico-storica occitana, è stata riconosciuta nel 1999 dalla Legge 482 “Norme per la tutela delle minoranze linguistico-storiche”..
La cultura occitana si contraddistingue per la lingua, gli usi e costumi, la musica e soprattutto per la cucina.
Il suo simbolo è la croce chiamata comunemente croce di Tolosa, croce del Languedoc, croce Catara o croce Occitana, appare ufficialmente nel 1211 sul sigillo della Contea di Tolosa.
Per maggiori informazioni sull’Occitania
www.chambradoc.it
Di seguito trovate il video del brano “Volam dins l’aire” interpretato dai Gai Saber e inciso nell’album “La fàbrica occitana”.
I Gai Saber sono una delle band folk di musica occitane più apprezzata in Italia e iquesto filmato è relativo alla loro partecipazione al Grünberg Folk Festival.
Se volete maggiori informazioni su questo gruppo folk potete andare sul loro sito web www.gaisaber.it
Perché far abdicare il Re Barolo?
Alcuni produttori del più nobile dei vini, stanno mettendo in atto delle operazioni di marketing volte a rendere un po’ più popolare il Re dei vini.
Ecco quindi che troviamo il Barolo venduto a bicchiere, è il caso di Eataly, o proposto nella bottiglia da mezzo litro o peggio ancora da litro.
Una cosa è certa, trovare sugli scaffali di alcuni supermercati bottiglie di Barolo vendute a 10 euro non è certamente cosa saggia, in quanto non è svendendo un prodotto che lo si può far conoscere al grande pubblico, tenendo poi nella debita considerazione di che tipo di prodotto si possa parlare con un prezzo di vendita vicino ai 10 euro.
Se dal vino passiamo alle automobili, ci troveremmo nella condizione in cui un concessionario che vende solo ed esclusivamente Ferrari dovrebbe applicare ai modelli che ha in vendita il prezzo con cui normalmente si paga una utilitaria.
E allora come sempre la verità sta nel mezzo, oggi con una richiesta di bottiglie annue di circa 5 milioni i produttori ne sfornano circa 11 milioni, grazie anche al fatto che molte vigne di dolcetto e barbera in pochi anni sono state trasformate a barolo; se poi ci mettiamo che i singoli produttori non dialogano più come un tempo tra di loro, ma ognuno fa per sé, ecco che ci troviamo a non capirci più niente quando in un enoteca soppesiamo in mano due bottiglie di Barolo il cui prezzo passa dai 12 euro dell’una agli oltre 60 dell’altra.
Che sia venuto veramente il momento per il Re Barolo di abdicare? riteniamo di no, anche perché forse è più scandaloso spendere 20 euro e passa per un barbera barricato che non 50 euro per un signor Barolo.
L’augurio è che i produttori del Barolo sappiano trovare un’intesa che possa portare ad una calmieratura dei prezzi in modo da rendere più accessibile l’avvicinarsi ad una bottiglia di Barolo che deve comunque sempre rimanere quella che è, una bottiglia importante da stappare per un momento importante, sia anche solo che un momento di pura e godereccia degustazione, ma per favore non ridicolizziamo il più nobile dei vini proponendolo con pane e salame, la monarchia non va più di moda ma un Re è pur sempre un Re.
Cracco reinventa l’amatriciana e Amatrice dice no!
Anni fa mentre ero di passaggio ad Amatrice fui ospitato per il pranzo da alcuni conoscenti “ amatriciani da generazioni “ e provai la goduria di assaporare un piatto di spaghetti all’amatriciana preparati secondo tradizione; sarà stata la fame, l’aria buona, il guanciale nostrano o il pecorino locale, fatto sta che quel piatto di spaghetti fumanti rimane a tutt’oggi la miglior amatriciana di sempre.
Sabato sera ho avuto modo di vedere alcuni spezzoni del programma “C’è posta per te” condotto da Maria De Filippi su Canale 5 e ho assistito alla performance dello Chef Carlo Cracco che essendo il regalo per la destinataria della posta l’ha coinvolta in un giochino per poterle assegnare come premio un invito a pranzo presso il suo ristorante di Milano.
Lo Chef stellato ha coinvolto la festeggiata in una sorta di Cracco Quiz con tre domande che riguardavano la conoscenza degli ingredienti di alcune ricette classiche, tra cui il famoso sugo all’amatriciana.
Il buon Cracco memore dello slogan coniato per la pubblicità delle patatine San Carlo “ La cucina ha bisogno di audacia “ non ha trovato di meglio che inserire tra gli ingredienti del sugo all’amatriciana l’aglio in camicia!
Si sa che gli Chef alla Cracco ogni tanto se ne escono con alcune stravaganze per lanciare qualche piatto che andrà ad arricchire i loro menu artistici, ma bene ha fatto il Comune di Amatrice a rivendicare immediatamente la paternità della ricetta originale i cui ingredienti erano e rimangono: guanciale, pecorino, vino bianco, pomodoro San Marzano, pepe e peperoncino.
L’Amministrazione Comunale sulla propria pagina facebook si è detta sconcertata e si augura che quello di Cracco sia stato un vero e proprio “ lapsus”, per cui pur non avendo nulla in contrario sul fatto che lo Chef possa liberamente inserire nel sugo da lui preparato “l’aglio in camicia” resta del tutto evidente che tale sugo non potrà essere chiamato “ Amatriciana “.
Stiamo infatti parlando di un sugo che ha reso celebre la cucina romana nel mondo, ma che nella realtà deve la sua origine ai pastori amatriciani che lo preparavano con gli ingredienti che avevano a disposizione quando portavano al pascolo le loro greggi.
Agli inizi il piatto preparato con guanciale tagliato a cubetti o in fettine sottilissime, pecorino e spaghetti fu chiamato “ unto e cacio “; con il tempo questa ricetta chiamata anche “gricia” fu in qualche modo impreziosita con l’aggiunta di pomodoro e qualche lacrima di olio d’oliva, per diventare la vera “amatriciana”.
Nell’Ottocento quando molti amatriciani ( a causa della crisi della pastorizia ) emigrarono a Roma e trovarono lavoro nei ristoranti locali vi fu per l’amatriciana la vera e propria diffusione a livello nazionale.
Il primo ristorante amatriciano a Roma lo aprì nel 1860 Luigi Sagnotti chiamandolo “ Il Passetto “ dato che attraverso il ristorante si poteva passare dal vicolo del passetto a piazza Navona.
Il vero boom l’amatriciana lo raggiunse a metà degli anni ’90 grazie all’attore Aldo Fabrizi che ne divenne in pratica l’indiretto testimonial parlandone spesso durante le sue trasmissioni radiofoniche e televisive.
Ma tornando ad Amatrice, piccolo borgo montano in provincia di Rieti, è utile sapere che proprio recentemente ( il 23 gennaio 2015 ) la Giunta comunale , ha deliberato di concedere il riconoscimento De.Co. a tre prodotti della tradizione amatriciana: il Pecorino di Amatrice, il Guanciale amatriciano e gli Gnocchi ricci, approvandone i relativi disciplinari di produzione predisposti dalla Commissione di esperti.
Amatrice inoltre ospita l’ultimo fine settimana di agosto “ La Sagra degli spaghetti all’amatriciana “ e quella che si terrà il prossimo agosto sarà la 49° edizione.
Curiosità
– Alla semplicità degli ingredienti di questo piatto, il poeta Carlo Baccari (1878 – 1978) dedicò questi suoi versi:
“… E li tra gli armenti, da magica mano, nascesti gioiosa nel modo più strano
la pecora mite e il bravo maiale, donarono insieme formaggio e guanciale”.
– Agli “Ingredienti degli spaghetti all’amatriciana e città di Amatrice“, il 29 agosto 2008, è stato dedicato dalle Poste Italiane un francobollo, policromo e dentellato del valore di 0,60 euro










































