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Cala il sipario per Paolo Poli il genio del teatro

paolo-poli6Paolo Poli che avrebbe compiuto 87 anni tra due mesi se ne è andato dopo una lunga malattia mentre era ricoverato al Fatebenefratelli di Roma.
Aveva esordito in teatro nel 1958, portando in scena “Finale di partita” di Samuel Beckett e in quasi 60 anni di carriera era diventato uno dei più importanti attori teatrali italiani, talvolta imprestato al cinema e alla televisione.
Un artista decisamente sui generis, colto e raffinato, una sorta di Peter Pan dotato di una comicità brillante che affidandosi spesso e volentieri a personaggi “en travesti” ha portato in scena visioni oniriche accompagnate talvolta da doppi sensi eleganti e mai volgari.
La scrittrice Natalia Ginzubrg che rifiutò l’offerta di Poli per trasformare il suo libro “Le piccole virtù” in una piece teatrale lo definì: “Un lupo in pelle d’agnello”.
Era lontano dal teatro dal giugno del 2014 quando rappresentò per l’ultima volta lo spettacolo “Aquiloni”.
In Tv era ritornato da protagonista lo scorso anno con il programma-conversazione (in otto puntate) curato dall’amico Pino Strabioli, «E lasciatemi divertire» (è una citazione da Palazzeschi) nel quale tra ricordi personali, citazioni, letture e canzoni ha raccontato a modo suo i sette vizi capitali: lussuria, gola, ira, invidia, accidia, avarizia e superbia.
Un ritorno, quello in Tv, avvenuto quarant’anni dopo “Babau”, uno spettacolo in quattro puntate, scritto da Poli con Vito Molinari e Ida Omboni in cui venivano descritte, in una sorta di indagine/inchiesta, le maggiori caratteristiche negative dell’uomo medio italiano raccontando di: mammismo, conformismo, arrivismo e intellettualismo.
Il programma fu realizzato a Torino nel 1970 ma fu mandato in onda, nella RAI riformata, solo durante la programmazione estiva del 1976 a causa di una censura che ne vietò la trasmissione per ben sei anni.
Poli è stato in Italia uno dei primi personaggi pubblici dichiaratamente omosessuali e a proposito della sua dichiarata omosessualità una delle sue citazioni più calzanti fu: “Sapevo fin dall’inizio di essere gay. Entrai in una panetteria, e vidi che mi garbava il fornaio. Andai al cinema, davano King Kong, avevo cinque anni, e vidi che mi garbava pure il gorilla”.
Nel 2013 è uscita per Rizzoli la sua autobiografia “Sempre fiori mai un fioraio” in cui tra una passeggiata romana e una serie di pranzi ­ sempre nello stesso ristorante ­, Paolo Poli racconta a Pino Strabioli e ai lettori, che quasi per magia diventano spettatori, i suoi ottant’anni da “regina” delle scene.
Ha realizzato come interprete anche alcuni audiolibri per la Emons tra cui:
– I Promessi sposi
– La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, di Pellegrino Artusi

Altre sue citazioni famose:
“La mente è come l’ombrello: per funzionare deve essere aperta”
“Quando i nostri idoli cadono dagli altari, i lividi ce li facciamo noi”

Sempre fiori mai un fioraio. Ricordi a tavola

It’s never too late maestro Morricone!

morricone7Dopo oltre 60 anni di carriera in cui ha scritto le musiche per più di 500 tra film e serie tv il maestro Ennio Morricone si è visto assegnare l’Oscar per la miglior colonna sonora originale per “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino.
Come diceva il maestro Manzi, “non è mai troppo tardi” anche se il genio delle colonne sonore è dovuto passare attraverso ben cinque nomination dagli anni ’70 ad oggi per vedersi riconosciuto quel talento straordinario che lo ha reso famoso in tutto il mondo.
La statuetta appena vinta ha sicuramente un altro sapore rispetto a quella ricevuta nel 2007 dalle mani di Clint Eastwood quale riconoscimento alla carriera e premia un musicista che ha saputo da sempre badare alla concretezza.
Le parole pronunciate dal maestro subito dopo la consegna del premio fanno capire l’umiltà di un artista che ha portato il genio italiano nel mondo, testimoniando che c’è ancora qualcosa per cui andare fieri di essere italiani.
“Buonasera signori, ringrazio l’Academy per il prestigioso riconoscimento. Il mio pensiero va agli altri candidati e in particolare allo stimato John Williams. Non c’è musica importante se non c’è un grande film che la ispiri, ringrazio quindi Quentin Tarantino per avermi scelto e il produttore Harvey Weinstein e tutta la troupe del film. Dedico questa musica e questa vittoria a mia moglie Maria”.

https://youtu.be/x1ihPensP6g

Ennio Morricone

  • – ha scritto le musiche per più di 500 tra film e serie tv;
  • – le sue composizioni sono state usate in più di 60 film vincitori di premi;
  • – ha scritto la musica di canzoni indimenticabili, una su tutte “Se telefonando” ( testo di Costanzo-De Chiara) cantata da Mina;
  • – ha ricevuto cinque nomination agli Oscar per i film : I giorni del cielo (1979) di Terrence Malick, Mission di Roland Joffé (1987), Gli intoccabili di Brian De Palma (1988), Bugsy di Barry Levinson (1992), Malèna di Giuseppe Tornatore (2001);
  • – ha vinto : 3 Grammy Awards, 3 Golden Globe, 10 David di Donatello, 5 Nastri d’argento, 6 Bafta, 1 European film awards, 1 Polar Music prize;
  • – ha ricevuto: Oscar alla carriera (2007), Leone d’oro alla carriera (1995), European Film Award alla carriera (1999), David del Cinquantenario(2006);
  • – ha ricevuto a Hollywood, la stella rosa con il nome dorato sulla Walk of Fame (27/02/2016).

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https://youtu.be/X2H2VEn6uYk

Giù-la-testa

Omar Sharif è sceso dall’autobus

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sharif3E’ sceso dall’autobus della vita Omar Sharif, l’attore che meglio di ogni altro ha rappresentato sul grande schermo la storia di un amore impossibile, quello tra Yuri, medico dall’animo sensibile e la giovane infermiera Lara.
Come non ricordare la sua toccante interpretazione nel film che lo consacrò al successo, quel Dottor Zivago di cui una marea di donne nel mondo si innamorarono e piansero nella scena finale in cui non riuscì a raggiungere quella ragazza che lui credeva potesse essere Lara.
A pensarci bene chi non ha fatto almeno una volta i conti con un amore impossibile, di quelli che ti portano al sacrificio per il bene della persona amata ma che al tempo stesso ti fanno sentire proprio come Yuri che mentre la slitta si allontanava sulla neve corre dentro casa, sale le scale in un baleno e rompe un vetro di una finestra reso opaco dal ghiaccio per poter vedere ancora per un attimo quel puntino all’orizzonte.
Omar Sharif era una simpatica canaglia, dotato di un grande fascino e di una innata eleganza che lo rendevano molto corteggiato dalle donne, anche se lui stesso affermava che la sua fama di rubacuori era dovuta soprattutto al fatto che le donne erano più interessate ai suoi personaggi che a lui.
Ma è innegabile che le donne così come il bridge ( era uno dei giocatori più quotati al mondo) sono state le due grandi passioni che lo hanno accompagnato per buona parte del suo viaggio terreno.
Era malato di Alzheimer e nel 1977, quasi a mo’ di presagio, scrisse a quattro mani con Marie-Thérèse Guinchard la sua autobiografia “The Eternal Male” quasi a voler contraddire quella voce fuori campo che nel finale del Dottor Zivago recitava: “Le pareti del suo cuore erano di carta, ma lo teneva per sè. Teneva molte cose in sè.”
Omar Sharif al contrario di Yuri ha voluto raccontare per tempo la sua vita, giocando d’anticipo ( da buon giocatore) con quel male che gli avrebbe impedito per sempre di ricordare.

Alcuni tra i suoi film più importanti:

Lawrence d’Arabia, regia di David Lean (1962)
La caduta dell’impero romano, regia di Anthony Mann (1964)
E venne il giorno della vendetta (1964)
Gengis Khan il conquistatore, regia di Henry Levin (1965)
Una Rolls-Royce gialla, regia di Anthony Asquith (1965)
Il dottor Zivago, regia di David Lean (1965)
Il papavero è anche un fiore, regia di Terence Young (1966)
C’era una volta…, regia di Francesco Rosi (1967)
La notte dei generali, regia di Anatole Litvak (1967)
Funny Girl, regia di William Wyler (1968)
Mayerling, regia di Terence Young (1968)
L’oro di Mackenna, regia di J. Lee Thompson (1969)
L’ultima valle   (1971)
Il seme del tamarindo, regia di Blake Edwards (1974)
Funny Lady, regia di Herbert Ross (1975)
Un asso nella mia manica   (1976)
Ashanti, regia di Richard Fleischer (1979)
Linea di sangue, regia di Terence Young (1979)
Le chiavi della libertà (1989)
Viaggio d’amore (1990)
Il ladro dell’arcobaleno (1991)
Quella strada chiamata paradiso, regia di Henri Verneuil (1992)
Il tredicesimo guerriero   (1999)
Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano (2003)
Oceano di fuoco – Hidalgo (2003)
Fuoco su di me (2005)
10.000 A.C. (10,000 B.C.) (2007)
Hassan and Marcus (2008)
Un castello in Italia, regia di Valeria Bruni Tedeschi (2013)

https://youtu.be/XwYKYMAy6bk

Addio a Laura Antonelli … sogno erotico di una generazione

antonelli15Se ne è andata in silenzio, forse stroncata da un infarto, l’attrice italiana che più di ogni altra ha costituito il sogno erotico di una generazione.
Laura Antonaz (questo il suo vero nome) nata a Pola, attuale Croazia, nel 1941 dopo un’infanzia da profuga si trasferì in Italia insieme ad altri 300 mila istriani costretti a fuggire dalla ex Jugoslavia.
Diplomatasi a Napoli presso l’Istituto Superiore di Educazione Fisica si trasferì con la famiglia a Roma, dove dopo una breve parentesi come insegnante di educazione fisica cominciò a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo, dapprima furono fotoromanzi, alcuni caroselli e piccole parti in alcuni film, tra cui “Il magnifico cornuto” per la regia di Antonio Pietrangeli nel 1964.
Ma fu nel 1973 quando recitò il ruolo della cameriera nel film “Malizia” di Salvatore Samperi che Laura diventò un vera e proprio sex symbol grazie a una vestaglietta, succinta e ammiccante che la rese terribilmente sexy.
Malizia incassò al botteghino qualcosa come 6 miliardi di lire, quando un biglietto del cinema costava mille lire, e la bellezza prorompente di Laura attirò a lei i più importanti registi dell’epoca tra cui Giuseppe Patroni Griffi ( La divina creatura) e Luchino Visconti che la volle per il ruolo di moglie di Giancarlo Giannini ne “L’innocente”.
La sua interpretazione in “Malizia” le valse il Nastro d’Argento come migliore attrice protagonista e il Globo d’oro come miglior attrice rivelazione, ma soprattutto le consentì di spiccare il volo verso una carriera ricca di successi che la vide regina incontrastata della commedia sexy degli anni ’60 e ’70.
Negli anni ’80 continuò a recitare in film di cassetta, tra cui “Porca vacca”, “Grandi magazzini”, “Rimini Rimini”, “Roba da ricchi” e nella mini serie TV “Disperatamente Giulia” di Enrico Maria Salerno.
Poi nel 1991 vi fu il tentativo di dare un seguito alla pellicola che l’aveva resa famosa con la realizzazione di “Malizia 2000”, ma l’operazione commerciale si trasforma in un vero e proprio flop al botteghino e l’attrice, che si era nel frattempo sottoposta a un intervento di chirurgia plastica mal riuscito, cade in un forte stato di depressione.
Sempre nel’91 Laura viene coinvolta in una vicenda giudiziaria che la porta a essere rinchiusa nel carcere di Rebibbia per reati legati alla droga; mandata ai domiciliari (dopo pochi giorni) la sua vita da quel momento sarà segnata per sempre ( e poco importa se dopo la prima condanna a tre anni e sei mesi verrà completamente assolta nel processo d’appello dopo quasi dieci anni) e lei sprofonderà in un silenzio che la accompagnerà fino alla tragica scomparsa di oggi.
A quei pochi amici che in questi anni si sono prodigati ( a dire il vero vi fu una sorta di fuggi fuggi ) per starle vicino, tra cui Lino Banfi che lottò per farle ottenere il sussidio della Legge Bacchelli, lei rispose con una lettera in cui chiedeva di essere dimenticata!
Ma come si può dimenticarla!

Il cantautore Simone Cristicchi a dedicato a Laura Antonelli la canzone “Laura”  contenuta nel cd “Album di famiglia”, una canzone molto toccante in cui Cristicchi a modo suo denuncia come la Antonelli fu vittima del perbenismo.

Alcuni tra i suoi film più importanti:

La rivoluzione sessuale, regia di Riccardo Ghione (1968)
Venere in pelliccia, regia di Massimo Dallamano (1969-1975)
Il merlo maschio, regia di Pasquale Festa Campanile (1971)
Malizia, regia di Salvatore Samperi (1973)
Sessomatto, regia di Dino Risi (1973)
Peccato veniale, regia di Salvatore Samperi (1974)
L’innocente, regia di Luchino Visconti (1976)
Casta e pura, regia di Salvatore Samperi (1981)
Viuuulentemente mia, regia di Carlo Vanzina (1982)
Porca vacca, regia di Pasquale Festa Campanile (1982)
Sesso e volentieri, regia di Dino Risi (1982)
La venexiana, regia di Mauro Bolognini (1986)
Grandi magazzini, regia di Castellano e Pipolo (1986)
Rimini Rimini, regia di Sergio Corbucci (1987)
Roba da ricchi, regia di Sergio Corbucci (1987)
Gli indifferenti, regia di Mauro Bolognini (1988) Miniserie TV
Disperatamente Giulia, regia di Enrico Maria Salerno (1989) Miniserie TV
L’avaro, regia di Tonino Cervi (1990)

 

Laura di Simone Cristicchi

Lauraaa-aa-a
Lauraaa-aa-a

Maresciallo buona sera
si accomodi alla festa
c’è il mio manager, il produttore
manca solo il regista
Laura nella sua vestaglia
sola come un cane beve
sopra il tavolo in salotto
una montagna di neve

Laura pazza, Laura ingenua
Laura povera drogata
Laura fragile, sensibile
alla gogna trascinata
Laura aspetta la sentenza
crocifissa sul giornale
condannata per dieci anni
ad impazzire

Lauraaa-aa-a
Lauraaa-aa-a
Lauraaa-aa-a

Cara Laura, forse è vero
è tutta colpa dell’amore
che riavvolgerà il destino
riscrivendoci il copione
ma se in ogni fotogramma
resti sempre la più bella
la tua anima è leggera
come un volo di farfalla

Mentre scorrono veloci
i titoli di coda
non è ancora troppo tardi
per riavere la tua vita
ora che cammini libera
e ti perdi tra la gente
con il nome di una donna
come tante

Lauraaa-aa-a

Addio a Virna Lisi, l’attrice più bella ed elegante del cinema italiano

Se ne è andata Virna Lisi l’attrice italiana che meglio di ogni altra ha saputo incarnare una bellezza perfetta, algida, aristocratica.
Di lei è rimasto impresso nella mente di molti italiani per anni lo slogan ( ideato da Gualtiero Marchesi ) con cui venne in qualche modo dipinta nello spot pubblicitario del dentifricio Chlorodont che andò in onda per anni su Carosello e dove lei era la donna che “ con quella bocca può dire ciò che vuole”.
Ma Virna Lisi con quella bocca dal sorriso smagliante ha saputo dispensare durante la sua lunga carriera di attrice non pochi no, rinunciando a parti importanti pur di mantenere la sua libertà e un certo distacco verso ruoli improntati esclusivamente su quell’immagine di bellona che non è mai stata nelle sue corde.
Nel’64 dopo un film girato in America al fianco di Jack Lemmon a cui ne seguirono altri due con Tony Curtis, David Niven e Frank Sinatra disse no a Hollywood per tornare in Italia, rifiutando anche il ruolo di Barbarella che fu poi di Jane Fonda.
Nel’68 rifiutò di fare la bondgirl al fianco di Sean Connery nel film “Dalla Russia con Amore”.
Ma per essere un’attrice che sapeva dire spesso e volentieri no ai produttori, ha collezionato da antidiva : sei Nastri d’argento, un Prix d’interprètation fèminine a Cannes per la ‘Regina Margot’, due David di Donatello per le sue interpretazioni più altrettanti alla carriera.
Era una persona semplice, vera e molto schietta tanto che in una recente intervista rilasciata nel mese di settembre al Fatto quotidiano ad una precisa domanda sull’Oscar assegnato al film di Sorrentino “ La grande bellezza “ disse : “Devo dire quello che penso? Il film di Sorrentino, La Grande Bellezza l’ho trovato orrendo. Una brutta copia de La dolce vita, senza un solo spunto che fosse originale. Lo so che mi odieranno, ma non me ne frega niente. Dopo essermi sentita dire per una vita ‘conta fino a dieci prima di parlare’, non ho più recinti né obblighi. Mi sento libera. Il peggio che mi può capitare è che qualcuno non mi parli più. Non mi pare grave e forse è persino un contrappasso meritato.”
E oggi che la vera “ grande bellezza “ del cinema italiano se ne è andata forse saranno in molti a ricordarla non solo per il suo sorriso ma anche e soprattutto per le grandi interpretazioni che ha saputo regalarci.

Quando la lite Nazionalpopolare va in rete!

In un mondo dove ormai ci si affida sempre di più alla rete succede che anche due icone della televisione “nazionalpopolare” si affrontino a muso duro a suon di tweet in una sorta di guerra stellare ( stiamo pur sempre parlando di due star della Tv, anche se non saprei definire se di ieri o di oggi ) per la mancata partecipazione come giurata, sembrerebbe già concordata in precedenza, della più giovane al nuovo Talent showForte,forte,forte “ che la Raffaella nazionale porterà in onda in prima serata nel 2015 sull’ammiraglia della RAI.
Certo che si fatica un po’ a pensare che Lorella Cuccarini la showgirl “ più amata dagli italiani “ abbia potuto digitare sulla tastiera del suo smartphone un tweet al vetriolo alla più longeva collega che recita “ Non ci siamo incontrate per 30 anni @raffaella. Spero di non incontrarti nei prossimi 30. Umanamente sei stata un’amara delusione”.
Questo scontro tra Regine dello show del sabato sera fa riflettere su quanto l’Italia sia ancora il Paese dove il piccolo schermo è in grado oggi come ieri di consacrare glorie imperiture per chi vive di spettacolo.
Una Tv capace di riformattarsi ciclicamente in una sorta di aggiornamento continuo e capace di dare al pubblico sempre ciò che vuole, come nel caso della recente proliferazione di quella marea di talent che di fatto hanno sostituito quei programmi che un tempo venivano chiamati “i Varietà”.
Ma la cosa che mi sorprende maggiormente in questa vicenda è come la Cuccarini nel momento in cui si è vista scaricata da quella che in fondo era un suo “mito” non abbia pensato di risolvere il tutto con una semplice telefonata di chiarimento ( magari fatta dal suo agente alla collega/rivale ) affidandosi invece al mondo dei social dove si sa pullulano a dismisura gli internauti.
Forse la spiegazione di questo suo comportamento è da mettere in relazione con il fatto che la “ più amata degli italiani “ manca da parecchio tempo dal piccolo schermo e quindi tutto sommato vista la stroncatura ricevuta tanto valeva prendersi un po’ di spazio almeno sulla rete, perché in fondo ci sono stagioni in cui se la visibilità non ce l’hai te la devi andare a cercare, a costo di andare a fare come ai più è parso una brutta figura!