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Ciao Giampiero .. grazie!

Se fossi a Roma oggi andrei a rendere omaggio a un grande giornalista sportivo che non a caso veniva chiamato nell’ambiente dei cronisti sportivi “il maestro”
Giampiero Galeazzi in età giovanile ha praticato con successo il canottaggio e da giornalista ha inventato un modo nuovo di raccontare non solo il canottaggio ma anche il tennis e il calcio in Tv
Lui era sempre presente dove gli altri non riuscivano ad entrare .. in campo alla fine degli incontri importanti e poi negli spogliatoi a fine match durante i festeggiamenti, sempre ben accettato da giocatori e tecnici che lo hanno sempre considerato uno di loro
Da cronista riusciva sempre ad essere in prima linea usando piccole invenzioni che gli aprivano porte per altri chiuse
Mitica la sua trovata quando a Torino pur di riuscire ad avvicinare l’avvocato Agnelli blindato dalla security in tribuna gli gridò da dove lo trattenevano: “ Avvocato mi ha dato una Ritmo che ci piove dentro “ frase che gli valse il lasciapassare per andare a intervistare l’avvocato che lo invitò ad avvicinarsi
Il ricordo della sua grandezza è rimbalzato in maniera virale sui social dal momento della notizia della sua scomparsa e la sua grandezza è testimoniata dal fatto che migliaia di persone, atleti e dirigenti compresi, lo hanno ricordato non con una delle solite frasi di circostanza ma con un ricordo di vicinanza diretta e questo dimostra come lui abbia saputo lasciare un ricordo di se stesso a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di apprezzarne la competenza, la disponibilità e la gentilezza che lo hanno sempre accompagnato ovunque lui sia andato
Mancherà molto a tutti e quando ci mancherà di più basterà pensarlo mentre ora sta remando felice sul suo Tevere
Grazie Giampiero, per aver scritto una pagina importante e indimenticabile del giornalismo sportivo

La lectio magistralis di Renzo Arbore

Questa sera Renzo Arbore con il suo “Indietro tutta 30 e l’ode” ha tenuto una vera e propria lectio magistralis sulla degenerazione a cui è andata incontro la tv in tutti questi anni dove l’improvvisazione vera è stata messa da parte per lasciare il posto a quella “finta”.

Rivedere gli spezzoni del suo “Indietro tutta” del 1987 hanno fatto capire quanto Arbore fosse avanti anni luce nel mandare in onda uno show dove imperava non solo l’improvvisazione ma anche la bontà dei testi scritti da autori capaci di fare il loro mestiere e di creare una sorta di fil rouge che trasformava un programma di intrattenimento a prima vista demenziale in un contenitore capace di dispensare spunti di riflessione per niente banali.

E poi che piacere rivedere una tv maliziosa ma mai volgare che senza ricorrere alle parolacce sapeva essere divertente ed arguta.

Questa sera Arbore con il suo ritorno in tv ha fotografato e immortalato quello che l’Italia è diventata in questi 30 anni, e il ritratto che ne  esce dalla tv nel frattempo diventata al plasma non può che trasmettere una malinconia infinita al solo pensiero dei Grandi fratelli e dei vari salotti dove vince chi la spara più grossa!

Ma il vero dramma di questa sera è che in fondo in fondo la tv che oggi ci viene propinata è lo specchio di quello che siamo diventati, un Paese dove la grazia,la compostezza, l’arguzia, l’educazione e la classe sono ormai solo un lontano ricordo.

E tutto ciò non può che trasmettere tanta tristezza!

 

Cala il sipario per Paolo Poli il genio del teatro

paolo-poli6Paolo Poli che avrebbe compiuto 87 anni tra due mesi se ne è andato dopo una lunga malattia mentre era ricoverato al Fatebenefratelli di Roma.
Aveva esordito in teatro nel 1958, portando in scena “Finale di partita” di Samuel Beckett e in quasi 60 anni di carriera era diventato uno dei più importanti attori teatrali italiani, talvolta imprestato al cinema e alla televisione.
Un artista decisamente sui generis, colto e raffinato, una sorta di Peter Pan dotato di una comicità brillante che affidandosi spesso e volentieri a personaggi “en travesti” ha portato in scena visioni oniriche accompagnate talvolta da doppi sensi eleganti e mai volgari.
La scrittrice Natalia Ginzubrg che rifiutò l’offerta di Poli per trasformare il suo libro “Le piccole virtù” in una piece teatrale lo definì: “Un lupo in pelle d’agnello”.
Era lontano dal teatro dal giugno del 2014 quando rappresentò per l’ultima volta lo spettacolo “Aquiloni”.
In Tv era ritornato da protagonista lo scorso anno con il programma-conversazione (in otto puntate) curato dall’amico Pino Strabioli, «E lasciatemi divertire» (è una citazione da Palazzeschi) nel quale tra ricordi personali, citazioni, letture e canzoni ha raccontato a modo suo i sette vizi capitali: lussuria, gola, ira, invidia, accidia, avarizia e superbia.
Un ritorno, quello in Tv, avvenuto quarant’anni dopo “Babau”, uno spettacolo in quattro puntate, scritto da Poli con Vito Molinari e Ida Omboni in cui venivano descritte, in una sorta di indagine/inchiesta, le maggiori caratteristiche negative dell’uomo medio italiano raccontando di: mammismo, conformismo, arrivismo e intellettualismo.
Il programma fu realizzato a Torino nel 1970 ma fu mandato in onda, nella RAI riformata, solo durante la programmazione estiva del 1976 a causa di una censura che ne vietò la trasmissione per ben sei anni.
Poli è stato in Italia uno dei primi personaggi pubblici dichiaratamente omosessuali e a proposito della sua dichiarata omosessualità una delle sue citazioni più calzanti fu: “Sapevo fin dall’inizio di essere gay. Entrai in una panetteria, e vidi che mi garbava il fornaio. Andai al cinema, davano King Kong, avevo cinque anni, e vidi che mi garbava pure il gorilla”.
Nel 2013 è uscita per Rizzoli la sua autobiografia “Sempre fiori mai un fioraio” in cui tra una passeggiata romana e una serie di pranzi ­ sempre nello stesso ristorante ­, Paolo Poli racconta a Pino Strabioli e ai lettori, che quasi per magia diventano spettatori, i suoi ottant’anni da “regina” delle scene.
Ha realizzato come interprete anche alcuni audiolibri per la Emons tra cui:
– I Promessi sposi
– La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, di Pellegrino Artusi

Altre sue citazioni famose:
“La mente è come l’ombrello: per funzionare deve essere aperta”
“Quando i nostri idoli cadono dagli altari, i lividi ce li facciamo noi”

Sempre fiori mai un fioraio. Ricordi a tavola

Sanremo 2015 – il festival torna a essere il FESTIVAL!

sanremoA pensarci bene il Festival di Sanremo è il format televisivo più longevo nella storia della tv con le sue 65 edizioni che tra alti e bassi hanno raccontato al mondo intero l’evoluzione della musica italiana.
C’era come sempre molta attesa per la novità targata Carlo Conti che arrivava dopo la parentesi un po’ così di Morandi, dove la direzione artistica non è stata delle migliori, e quella di Fazio che ha seguito una linea ben precisa voluta dal conduttore.
Il calimero della tv come lo chiama Panariello ha saputo riportare la kermesse sanremese agli antichi splendori proponendo una sorta di grande carrozzone capace di imbarcare protagonisti in grado di accontentare il pubblico di ogni età, partendo dal revival di Albano e Romina per arrivare a quel Ed Sheeran idolo dei giovanissimi; uno spettacolo ricco di ospiti che hanno saputo rappresentare al meglio quella tradizione nazionalpopolare che è un po’ da sempre il segreto del successo di questo Festival che per una settimana riesce a monopolizzare gli ascolti tv, vuoi anche per l’assoluta non belligeranza da parte di tutte le altre reti tv.
Hanno vinto come da copione i tenorini de Il Volo, per la gioia della Clerici e di Tony Renis, e con loro sono saliti sul podio Nek e Malika Ayane rispettando di fatto le previsioni della vigilia.
Questa edizione verrà ricordata per gli ascolti da capogiro, per le vallette non vallette e per la presenza di Conchita Wurst che parafrasando il titolo di una canzone di Orietta Berti ha portato sul palco dell’Ariston un nuovo modo di fare spettacolo, quello del fin che la barba va!
Tra le vallette la splendida Rocío Muñoz Morales in Armani Priveè ha lasciato al palo Arisa ed Emma Marrone che a dire il vero non sono proprio mai partite.
La qualità delle canzoni è stata superiore alla norma a parte l’infelice performance di Biggio e Mandelli che con la loro “ Vita d’inferno “ sono sembrati la brutta copia di Elio e le storie tese, presentando una sorta di cover di Cochi e Renato con qualche aggiunta del miglior Stefano Rosso.
Il premio della critica “ Mia Martini “ è andato a Malika Ayane, ma ha ottenuto un buon numero di voti anche “ Io sono una finestra “ del duo Mauro Coruzzi e Grazia Di Michele, un pezzo con un testo decisamente bello.
Unica nota dolente i comici che mai come quest’anno hanno dimostrato di non essere all’altezza della situazione o meglio di non far ridere, gli unici che si sono salvati o meglio i meno peggio sono stati: Luca e Paolo nel siparietto con Carlo Conti, Marta e Gianluca con il loro “speed date” e Virginia Raffaele nell’imitazione di Ornella Vanoni, mentre Panariello è sembrato aver perso lo smalto dei giorni migliori.
Di Carlo Conti che dire, se non che approdato a Sanremo dopo anni di aspettativa ha saputo riportare il festival ad essere quello con la F maiuscola.

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