La rete in questi giorni è stata squassata da un vera e propria turbolenza con migliaia di commenti al vetriolo a seguito delle vignette pubblicate dalla rivista francese Charlie Hebdo che non hanno risparmiato le zone del centro Italia colpite dal terremoto e soprattutto le vittime che sono state raffigurate come dei piatti di penne gratinate e al pomodoro o peggio ancora come delle lasagne farcite di morti.
Una vignetta che fa schifo incapace di trasmettere nel momento in cui la guardi quello che la satira dovrebbe suscitare, un momento di riflessione. Una vignetta sbagliata!
Vignetta che in Francia era passata del tutto inosservata, ma al contrario appena comparsa in Italia ha suscitato un tale pandemonio da costringere la rivista a pubblicare sulla propria pagina facebook due giorni dopo un’ulteriore vignetta che forniva una sorta di spiegazione per meglio comprendere la prima vignetta che a detta della rivista non era stata capita!
La seconda vignetta si rivolge direttamente agli italiani e recita: “Italiani, non è Charlie Hebdo che ha costruito le vostre case ma la mafia!”.
Questa ulteriore precisazione ha mobilitato ancora di più la rete e migliaia di persone che solo venti mesi fa hanno postato sulla propria pagina facebook il motto “JesuisCharlie” oggi lo sostituiscono con un il più consono “JesuisnepasCharlie”.
Quando Parigi e la redazione di Charlie Hebdo vennero prese d’assalto dai terroristi scrissi un articolo dal titolo “La strage di Parigi racconta che l’Europa è in guerra!” in cui invitato ad andare a rivedere con la dovuta calma le vignette pubblicate da Charlie Hebdo nel corso degli ultimi anni per scoprire che i giornalisti di questa testata non hanno pubblicato solo vignette irriverenti contro il mondo islamico o contro la chiesa o questo o quel politico, ma anche centinaia di vignette in cui invitavano i potenti a fare una seria riflessione sulle conseguenze che avrebbero potuto avere i continui interventi armati in quei paesi da cui attraverso propri emissari ( e non per un tragico destino ) sono stati barbaramente uccisi.
Charlie Hebdo è Charlie Hebdo e non cambierà mai, ma una vignetta dura lo spazio di un attimo ( mentre un terremoto ti segna per la vita), e in questo infinitesimo lasso di tempo deve essere in grado di promuovere una riflessione, talvolta può anche far sorridere ma se ci riesce è un di più, la satira è molto differente dalla comicità!
Prima del tragico assalto terroristico in cui fu sterminata la redazione, Charlie Hebdo aveva serie difficoltà economiche e andava in edicola tirando 10.000 copie.
La tragedia ha scatenato una catena di solidarietà a livello mondiale, tanto che grazie alla marea di donazioni il numero mandato in edicola dopo la tragedia fu tirato in un milione di copie.
Oggi Charlie Hebdo a venti mesi dalla tragedia è ritornata ad essere una rivista per pochi intimi, incapace tra l’altro di riuscire a sostituire in maniera adeguata gli autori che caddero sotto il fuoco dei terroristi.
Per carità, chi facendo il proprio lavoro non ha mai commesso un errore? Ma quella vignetta che raffigura le lasagne infarcite di morti a guardarla bene mi ricorda tanto quel “Macheronì” con cui venivano chiamati all’inizio del secolo i nostri migranti in Francia, e chissà che dentro non ci sia anche un pizzico d’invidia per quel sugo all’amatriciana servito su tutte le tavole del mondo e che per la sua semplicità suona come un affronto per chi si riempie la bocca citando piatti ( Soupe gratinée à l’oignon, Boeuf bourguignon, Tarte tatin, Bouillabaisse, Confit de canard, Coq au vin, Foie gras, Quiche Lorraine, Escargot à la bourguignonne) che per quanto elaborati e appetibili non sapranno mai trasmettere la goduria che sa dare un piatto di pasta all’italiana (che noi italiani ci sogniamo ad occhi aperti ogni qualvolta siamo in giro per il mondo).
La seconda vignetta, quella che ci ricorda che le nostre case sono costruite dalla mafia, fa parte della visione che molti stranieri hanno dell’Italia e degli italiani : “pasta,pizza,mafia e mandolini”, dove spesso e volentieri per mafia s’intende malaffare e corruzione.
E qui l’attimo di riflessione può scattare, basti pensare:
– a quelle risate che si scambiavano alle 4 del mattino, subito dopo il terremoto dell’Aquila, quegli imprenditori che già pregustavano lasagne infarcite di appalti per le loro aziende;
– a tutti quei tecnici che a suon di timbri hanno dato per sicuri edifici che sono miseramente crollati al suolo;
– a quella manciata di condannati per il disastro de L’Aquila che a ottobre vedranno cadere in prescrizione tutti i procedimenti non ancora portati a termine.
E che dire di un’Italia che a Messina a distanza di oltre cent’anni dal tragico terremoto del 1908 vede ancora in piedi nel quartiere dell’Annunziata le baracche tirate su dagli svizzeri e dai prussiani.
Ecco allora che quella seconda vignetta può diventare una sorta di manifesto di quello che rappresenta il terremoto per l’Italia, una marea di soldi pubblici distribuiti a raffica per mettere in sicurezza e ristrutturare territori ed edifici, finiti il più delle volte in prebende a tecnici e imprenditori.
Del resto fino a quando avremo politici ed esponenti del governo che vedono nel terremoto un volano per l’economia saremo sempre esposti al vignettista di turno!
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La strage di Parigi racconta che l’Europa è in guerra!
Durante le cinquantasei ore che hanno messo sotto choc la capitale francese si è scritto e raccontato di tutto e di più sui giornali, alla radio e in tv, mentre i due principali social a cui ognuno di noi dovrebbe affidarsi per socializzare con la propria comunità di amici (forse sarebbe più corretto scrivere “conoscenti“) hanno ospitato online ogni sorta di nefandezze a testimonianza dell’uso improprio di questi mezzi di comunicazione che sono diventati delle vere e proprie bacheche dove massacrare impunemente a colpi di post o tweet chi non professa lo stesso credo sia esso politico o religioso.
Diventa quindi difficile poter aggiungere qualcosa di concreto nel mare infinito di parole che ci ha sommerso con la solita spettacolarizzazione tipica dei media, che tendono a soffermarsi su quello che maggiormente fa audience e relegano nei sottotitoli che scorrono sotto le immagini in diretta la notizia che quasi in contemporanea in Nigeria venivano massacrate 2000 persone.
Quello che nessuno ha detto, a meno che non mi sia sfuggito, è che quello di Parigi non è stato un attacco terroristico ( che solitamente ha una natura occasionale ) ma un atto politico bello e buono e quindi un’azione di guerra, di quella guerra che è iniziata nel settembre del 2001 e che oggi è arrivata a tutti gli effetti in Europa.
Qualcuno ha omesso di dire che l’Europa è da 14 anni in una sorta di guerra continua, avendo combattuto in Afganistan, Iraq, Siria, Libano e Africa; e noi italiani non siamo da meno con gli interventi in Libia e in Siria che la nostra classe politica si è sempre preoccupata di tenere in qualche modo offuscati.
Quindi non aspettiamoci nulla di buono e se ne abbiamo voglia andiamoci a rivedere con la dovuta calma le vignette pubblicate da Charlie Hebdo nel corso degli ultimi anni per scoprire che i giornalisti di questa testata non hanno pubblicato solo vignette irriverenti contro il mondo islamico o contro la chiesa o questo o quel politico, ma anche centinaia di vignette in cui invitavano i potenti a fare una seria riflessione sulle conseguenze che avrebbero potuto avere i continui interventi armati in quei paesi da cui attraverso propri emissari ( e non per un tragico destino ) sono stati barbaramente uccisi.
Non è più possibile tenere la testa sotto la sabbia, perché ieri è toccato alla Francia e domani potrebbe toccare a un altro paese europeo o magari proprio all’Italia, per cui occorre ragionare in maniera seria e determinata su di un piano di sicurezza centralizzato che possa garantire la dovuta tranquillità a tutti gli europei.
Per concludere mi piace riportare il pensiero che ha avuto nei confronti del proprio padre la figlia di Wolinski che postando su Instagram la foto della sua scrivania vuota ha scritto: “se n’è andato papà, non Wolinski“.