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Che pizzaa .. sta pizza di Cracco!

In questi giorni sui social si è scatenata la bagarre sulla pizza margherita un po’ esotica e made in Italy lanciata dallo chef Carlo Cracco nel suo nuovo ristorante – bistrot da poco aperto in Galleria a Milano.
La sua rivisitazione della più classica delle pizze italiane ha ottenuto una generale stroncatura sul web da parte dei puristi che ritengono non sia cosa buona e giusta usare per l’impasto farina integrale “Petra 9” con un aggiunta di cereali in modo da creare un disco scuro e croccante a mo’ di biscottino, per non parlare della farcitura realizzata con una salsa di pomodoro San Marzano, densa al punto da sembrare un sugo al ragù con l’aggiunta di pomodorini confit e robuste fette di mozzarella di bufala ‘a crudo’ quasi a trasformarla in una caprese.
A chiudere il cerchio sulla sonora bocciatura tributata allo chef meneghino il prezzo, 16 euro ritenuti dai più uno sproposito per una pizza margherita.
Beh, credo che il prezzo non sia dei più corretti ma siamo nel salotto buono di Milano e mi sembra quanto meno assurdo avere la pretesa di mangiare in Galleria con 10 euro!
Ma la vera eresia è andare a mangiare la pizza da Cracco, se si vuole mangiare una buona pizza fatta a regola d’arte penso che non occorra andare dalla Pizzeria Brandi in   Salita S. Anna di Palazzo a Napoli (dove nel 1889 è nata la pizza margherita) ma in alcune ottime pizzerie di Milano che hanno come mission primaria quella di servire la pizza, quella giusta per intenderci; perché non sono dell’idea che la pizza buona la si mangia solo a Napoli, la si può mangiare ovunque vi sia un pizzaiolo che fa con passione e serietà il suo mestiere.
Chiariti gli aspetti economici del contendere vorrei fare un paio di considerazioni sulla definizione di Chef che nulla ha a che vedere con la parola Cuoco.
Nel corso degli anni lo Chef che notoriamente è il capo della brigata di cucina è diventato sempre più un manager, un business man più attento ai propri introiti derivanti da comparsate in programmi tv o da pubblicità talvolta non in linea con quello che questi soloni dell’arte culinaria dicono quando si ergono a giudici nelle cucine televisive della miriade di programmi tv in cui si parla di cucina h24.
Una per tutte la pubblicità delle patatine San Carlo in cui il buon Cracco recita: ”la cucina ha bisogno di audacia”, beh difficile pensare che le patatine in genere possano essere una cibo da gourmet, ma ancora più triste è il vedere dove sia finito uno chef che agli inizi del suo viaggio per fare il figo usava lo scalogno!
Questi manager per stare a galla hanno la necessità di fare sempre e comunque notizia, è il caso dell’amatriciana con aglio dello stesso Cracco o del pesto di Bottura preparato con l’aggiunta di prezzemolo, menta e servito con l’accompagnamento di qualche fogliolina di lavanda.
Sono nato fisicamente nella cucina del ristorante di famiglia dove mio nonno faceva l’artista e credo che esista in tutto ciò che è arte un confine, una linea sottile che quando viene superata trasforma la creatività in una sorta di deturpazione.
Ma tornando alla pizza di Cracco, c’era veramente bisogno di inserire nel menu anche la pizza, anche se solo nel bistrot, in un ristorante stellato (quest’anno per la cronaca ne ha persa una) che presenta un menu degustazione a 190 euro, o una tagliatella di tuorlo marinato “panna prosciutto e piselli” a 36 euro, per non parlare delle noci di capesante dorate, ceci e lardo di Spigaroli all’artemisia a 48 euro, o del vitello alla milanese patata alle olive e maionese di pomodoro a 48 euro, e giusto per finire una crema bruciata al tè bergamotto, mandarini fondenti e noci di pecan a 36 euro.
La pizza ormai la si mangia in tutto il mondo e non credo che un turista straniero senta il bisogno impellente di assaggiare la buona pizza italiana in Galleria a Milano, e tantomeno un turista italiano che la trova buona e al giusto prezzo tutto l’anno nella sua città.
Questa pizza made in Cracco è una bella trovata per ottenere pubblicità indiretta e gratis per il nuovo locale, non a caso Oscar Wilde scriveva : There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”“C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé.”, per cui niente di meglio per chi si affaccia con una nuova attività sul mercato, parlatene bene o male, ma parlatene!
La vera pizza napoletana di solito cominci a mangiarla già con gli occhi, non appena la portano al tavolo, quella di Cracco mette tristezza solo a vederla!

In these days on social media has been unleashed the brawl on pizza a bit ‘exotic and made in Italy launched by chef Carlo Cracco in his new restaurant – bistro recently opened in the Galleria in Milan.
His reinterpretation of the most classic Italian pizzas has obtained a general cut-off on the web from purists who believe it is not good and right to use for the dough wholemeal flour “Petra 9” with an addition of cereals in order to create a dark and crispy disk like a biscuit, not to mention the filling made with a San Marzano tomato sauce thick to the point of looking like a sauce with meat sauce with the addition of confit tomatoes and robust slices of Bufala mozzarella ‘used raw’ almost to transform it into a “caprese”.
To close the circle on the sound rejection granted to the Milanese chef the price, 16 euros considered by most a blunder for a pizza margherita.
Well, I think that price is not the most correct but we are in the good living room of Milan and it seems to me at least absurd to have the claim to eat in the Gallery with 10 euros!
But the real heresy is going to eat pizza from Cracco, if you want to eat a good pizza made to perfection I think it is not necessary to go to the Pizzeria Brandi in Salita S. Anna di Palazzo in Naples (where pizza margherita was born in 1889) but in some excellent pizzeria in Milan whose primary mission is to serve pizza, the right one to be clear; because I’m not of the idea that good pizza is eaten only in Naples, you can eat it anywhere there is a pizzaiolo (pizza chef) who does his job with passion and seriousness.
Clarify the economic aspects of the dispute I would like to make a couple of considerations on the definition of chef that has nothing to do with the word cook.
Over the years, the chef who is notoriously the head of the kitchen brigade has increasingly become a manager, a business man more attentive to their revenues from appearances in TV programs or advertising sometimes not in line with what these culinary art pundits say when they stand up to judges in the television kitchens of the myriad of TV programs in which we talk about kitchen h24.
One for all the advertising of the fries San Carlo in which the good Cracco plays “The kitchen needs audacity”, It’s hard to think that the fries can usually be gourmet food, but even more sad is seeing where a chef is finished who used the shallot at the beginning of his trip to do the cool!
These managers to stay afloat have the need to always do news, it is the case of amatriciana with garlic of the same Cracco or Bottura pesto prepared with the addition of parsley, mint and served with the accompaniment of a few leaves of lavender.
I was born in the kitchen of the family restaurant where my grandfather was an artist and I believe that there is in everything that art is a border, a thin line that when it is over turns creativity into a kind of disfigurement.
But back to Cracco’s pizza, there was really a need to include pizza in the menu, even if only in the bistro of a starred restaurant (this year just to know it has lost one) that presents a tasting menu at 190 euros, or a marinated egg tagliatella “cream ham and peas” for 36 euros, not to mention the “noci of capesante dorate” , chickpeas and bacon flavored Spigaroli for 48 euros, or Milanese veal, potato with olives and tomato mayonnaise at 48 euros, and just to finish a cream burnt with bergamot tea, dark tangerines and pecans at 36 euros.
The pizza is now eaten all over the world and I don’t think that a foreign tourist feels the urgent need to taste good Italian pizza in the Galleria in Milan, let alone an Italian tourist who finds it good and at the right price all year round in his city.
This pizza made in Cracco is a nice idea to get indirect and free advertising for the new restaurant no coincidence that Oscar Wilde wrote: ” There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about “, so nothing better for those who start with a new activity in the city, talk about it good or bad, but talk about it.
The real pizza napoletana usually begins to eat it already with the eyes, as soon as they bring it to the table, Cracco’s one puts sadness only to see it!

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Polvere di stelle

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GuidaMichelinlogo2Giovedì 10 dicembre si è tenuta a Milano la presentazione della Guida Michelin Italia 2016 e Michael Ellis direttore internazionale della Guida Michelin ha descritto l’Italia come «Una delle destinazioni più dinamiche e affascinanti del mondo» di cui la Guida rossa, strumento utile e pratico per chi viaggia, è in grado di scattare ogni anno una fotografia attraverso i suoi ispettori che ne setacciano puntigliosamente il territorio.
La Guida Michelin funziona è innegabile, del resto chi non ha consultato la “rossa” almeno una volta nella vita?
L’originario libercolo rosso dedicato agli automobilisti nato nel 1900 è arrivato in Italia nel 1956 e da allora ha decretato anno dopo anno gioie e dolori per quegli chef che hanno affidato alla tanto agognata stella un ruolo puramente promozionale.
La Guida è un ottimo business editoriale, ma la cucina non c’entra niente, è tutta un’altra storia che non può essere riconducibile a una stella che talvolta diventa una vera e propria fissazione per tutti coloro che vi ruotano intorno.
Tra gli addetti ai lavori c’è chi la venera e ne attende con trepidazione l’uscita per vedere rinsaldata la propria notorietà e consolidare il fatturato, mentre c’è chi come Gualtiero Marchesi (il principe degli chef) ed Ezio Santin (chef dell’ Antica Osteria del Ponte di Cassinetta di Lugagnano) ritengono che la passione per la cucina non possa essere subordinata ai voti, e quindi in tempi diversi hanno deciso di uscire dalla “rossa”.
L’edizione italiana 2016 segnala 6300 indirizzi e ben 334 stelle così ripartite: 8 tre stelle, 38 due stelle e 288 stelle (26 le nuove stelle) che confermano l’Italia come secondo paese al mondo con il più alto numero di stelle.
Le regioni più stellate sono nell’ordine la Lombardia con 56, seguita dalla Campania con 37, dal Piemonte e Veneto a pari merito con 36, dalla Toscana con 29 e dal Trentino Alto Adige con 27.
La vera chicca dell’edizione 2016 è costituita dal declassamento del Combal.Zero di Davide Scabin da due a una stella, fatto questo che ha scatenato un tam tam immediato sui social dove è partito un vero e proprio cinguettio di incredulità.
C’è chi parla di vera e propria doccia fredda per i numerosi fan di Scabin e dell’intera brigata del Combal.Zero, o chi addirittura come il fotografo Bob Noto (uno dei più noti fotografi del settore a livello internazionale) affida alla sua pagina facebook la piena solidarietà allo chef di Rivoli lanciando “Je Suis Scabin”.
Scabin nel frattempo affida il suo commento al Corriere della sera : “Sono basito, non so cosa dire. Non ho avuto alcuna spiegazione dalla Michelin, non so proprio come commentare la decisione della guida. E pensare che qui al Combal.Zero abbiamo fatto un anno di lavoro bellissimo, con il ristorante sempre pieno e tante innovazioni. Ero convinto di essere sotto osservazione per la terza stella, che magari sarebbe potuta arrivare l’anno prossimo. E invece mi hanno tolto la seconda. Non modificherò né i piatti né i prezzi, vado avanti con la solita qualità e la solita ricerca. Quindi sarò il ristorante a una stella più caro d’Italia: il mio menu degustazione costa 200 euro”.
Ma la levata di scudi a favore di Scabin assume più che altro i contorni di una vera e propria difesa d’ufficio verso un grande ristorante italiano considerato che quasi tutti contestano il giudizio espresso dalla “rossa” senza però parlare di cucina e porsi l’unica domanda possibile: al Combal.Zero oggi si mangia come o meglio di due anni fa?
Nella giostra delle guide ci sta che un ristorante di un certo livello debba essere presente per una questione di visibilità e quindi di comunicazione, ma nel momento in cui si decide di salire sulla giostra (e quella della “rossa” è una sorta di rampa di lancio verso la clientela straniera) bisogna condividerne appieno le regole che prevedono da una parte di poter essere ben giudicati e quindi di trarre benefici in termini di visibilità e dall’altra di dover accettare con la dovuta signorilità i giudizi non troppo benevoli che dovrebbero sollecitare un momento di riflessione sul proprio operato a meno che non si pensi di essere esentati dal commettere errori.
Il mondo delle guide per un ristorante che voglia ambire al Gotha della ristorazione è un’operazione ineludibile di marketing per cui fatto salvo il detto: “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”, Scabin da questa vicenda potrebbe ricavarne una maggiore visibilità rispetto a quella che gli avrebbe garantito il mantenimento della seconda stella.